Alghero 1901, La grotta di Nettuno

di Carmelo Murgia

Nel 1901 il quotidiano la Stampa fece conoscere ai suoi lettori moltissime città italiane con opuscoli ricchi di  incisioni e testimonianze, un viaggio nel passato e lo specchio di un’epoca. Qui riportiamo l’articolo originale.

La grotta di Nettuno

Alghero 1901

Venire in Alghero senza visitarvi la grotta di Nettuno, che si apre meravigliosamente bella fra le roccie di Capo Caccia, è lo stesso che andare a Roma senza vedere il papa, Ci si priva di un’ impressione necessaria a completare tutte le altre che ci possono venire dalla città di Alghero, dalla bellezza e varietà del suo territorio.
Gli antichi non conobbero la grotta di Alghero a giudicarne almeno dal loro silenzio al riguardo. Essa fu, se non scoperta, ritrovata verso la metà del secolo XVIII e ciò a giudizio dell’egregio pubblcista e letterato sardo Enrico Costa, che nel suo libro, intitolato appunto: Alla Grotta di Alghero ne fa un’ accurata monografia di piacevole ed istruttiva lettura.
Il Costa ci riferisce anche che in causa della grotta di Alghero vi fu una vivissima questione diplomatica fra ambasciatori francesi a Torino ed il governo sabaudo per riflesso di una contesa insorta in Cagliari fra il console di Francia ed il vicerè di Sardegna, ed ecco il perchè del curioso conflitto:
« Nei primi mesi del 1779, narra il Costa, l’arciduchessa Maria Anna (sorella della regina di Francia, Maria Antonietta, moglie a Luigi XVI), appassionata cultrice d’arti, di scienze e belle lettere, come lo furono tutte le figlie dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, pensò a formare un privato Gabinetto di Storia Naturale.
« Volendo far piacere alla sorella ed aiutarla nelle ricerche, la regina di Francia si rivolse al signor Sartine suo ministro della Marina, perchè s’impegnasse a procurarle qualche oggetto. Il ministro volle soddisfarla; e, fra gli altri, si rivolse al console francese in Cagliari pregandolo con lettera del 20 settembre 1779 a voler concorrere alla formazione del Gabinetto che intendeva impiantare la sorella della sua regina; ordinando di farvi ricerca di oggetti, come per esempio pezzi di pietrificazioni ed al-
tro che sembrassero degni di curiosità.
« Il console francese si affrettò a parlarne al vicerè di Cagliari che in quell’anno era il conte Lascaris, e il vicerè (a quanto asserì più tardi lo stesso console) non solo gli diè il permesso di fare delle ricerche, ma gli promise di far scrivere a suo nome a diverse autorità dell’ isola perchè la commissione datagli fosse meglio disimpegnata. Dopo tale esplicita promessa, (si intende verbale) il console si credette autorizzato a scrivere in proposito a tutti i viceconsoli dell’ isola e quindi anche a quello di Alghero. Costui, più premuroso degli altri nel soddisfare i desideri della regina di Francia, volle occuparsene seriamente, e credette riuscirvi facendo tagliare e trasportare alcuni pezzi di marmo cristallizzato (sic!) da una grotta esistente dietro il Capo della Caccia.
« E qui cominciano le dolenti note. Pare che l’estrazione delle stalattiti durasse da tre anni a lunghi intervalli, seppure non fu sospesa per forza maggiore, poichè è nel 1782 che si solleva la questione di cui teniamo parola.
« Avvertiti segretamente i Conservatori del Reale Patrinonio del vandalismo che si operava nella grotta di Alghero, non solo essi si limitarono a proibire i tagli, ma ordinarono il sequestro delle stalattiti presso il viceconsole francese, condannandolo ad una multa di duecento scudi come colpevole di aver recato pregiudizio al real demanio, violentando la località di spettanza della pubblica amministrazione.
« Questa probizione, nonchè le rigorose misure, produssero una viva agitazione, la quale fu causa di un violento ed animoso carteggio che durò dal giugno al dicembre del 1782 fra governo, vicerè, governatore di Alghero, Real patrimonio, console, vice console e Regia Segreteria della Guerra; trasse perfino in ballo l’ambasciata francese che ne mosse lagnanza e ne chiese conto al governo sardo di Torino. »
« Il chiasso sollevato dall’ incidente fu tale che mosse il re di Sardegna e Piemonte chiedere al suo vicerè di Cagliari una descrizione minuta della grotta di Alghero « purchè il farlo non costasse moneta ».
Per tal modo anche nella grotta di Alghero ha voluto ficcare il naso la diplomazia.
Ma più di questa se ne sono occupati con costante cura i più distinti letterati e scienziati che furono portati dal caso, o dalla vaghezza di vedere cose nuove in Alghero.
Ne scrisse un breve Saggio storico-fisico Don Andrea Massala, dottore in ambe leggi, prefetto delle Regie Scuole di Alghero, professore all’Università di Sassari, ecc., ecc.
Fu questo Massala che nel 1805 battezzò la grotta Antro di Nettuno, nome che le è rimasto finora. Dopo di lui ne scrisse nel 1828 Sir William Henry Smyth nel suo libro sulla Sardegna stampato in Londra.


Ne riferì Vittorio Angius nel dizionario del Casalis, venuto alla luce nel 1833, e ne fece ancora oggetto di apposito opuscolo, Francesco Peretti di Alghero, opuscolo dato alle stampe a Livorno nel 1835 e lodato dal Valery e del Lamarmora, i quali alla loro volta, il primo nella sua opera intorno alla Sardegna, edita a Parigi nel 1837, ed secondo nel suo Viaggio e nel suo itinerario ne parlano con parole entusiastiche.
E più gli anni corrono più crescono gli ammiratori della grotta di Alghero.
II Sulis la descrive nel giornale Il Promotore, nel 1841. L’avvocato Luigi Palomba dedica ad essa un’ode saffica di 47 strofe.
stampata a Sassari nel 1853. Delessert ne fece una bellissima descrizione nel suo libro Sei settimane in Sardegna, pubblicato a Parigi nel 1851. L’Uda la descrisse nel Corriere di Sardegna del 1858, Salvatore Saba nella sua Guida, Giacomo Agnesa in speciale opuscolo edito a Sassari nel 1881, ed infine il già citato Enrico Costa, che ne fece la migliore e più completa descrizione.
La grotta di Alghero è pure citata in tutte le opere dei moderni scienziati e naturalisti che hanno dovuto occuparsi dell’argomento.
La grotta è vastissima e si interna nelle viscere del Capo Caccia, del e quali occupa gran parte, ed alla sua volta contiene un laghetto. Essa si puo dividere in quattro parti:
1.° Il vestibolo e la grotta cosi detta esteriore perchè comunica col mare.
2. La grotta intermedia con la parte centrale del laghetto e le superbe colonne che discendono dalla volta.
3.° La sala o reggia compresa fra le citate colonne e la spiaggia detta dei ciottoloni ed ultimo limite del lago.
4.° La spiaggia indicata, la collinetta che ad essa sussegue e la cosidetta grotta superiore.
Delle magnificenze naturali di questa grotta non è il caso qui di descrivere lungamente.
Basti il dire che tutti quelli che vi sono stati ne parlano e ne scrivono con un’ammirazione che non ha limiti e che fa richiamare alla memoria per necessità di paragoni, tutta la mitologia, a cominciare dallo Stige, con relativo Caronte, per venire all’Eliso, al Labirinto con Arianne e gomitoli di filo.
Noi non ci metteremo sulla stessa traccia, ma ci piace affermare che la stessa grotta di Adelsberg da noi visitata, se supera in ampiezza quella di Alghero, le è assai inferiore per bellezza di varie e naturali concrezioni e per maestosa grandiositàdi stalattiti e stalagmiti.
Nè questa è la sola grotta notevole dei paraggi di Alghero, che un’altra ne esiste, minore in ampiezza, ma bucata nello stesso Capo Caccia, ed alcuni credono anche in comunicazione colla grotta di Nettuno, che prende il nome di Grotta Verde per la curiosa colorazione che prendono le concrezioni calcaree delle sue pareti.
Di entrambe queste grotte, e specialmente della maggiore detta di Nettuno, l’ingresso è difficile e faticoso. Impossibile addirittura per quella di Nettuno quando il mare è agitato.
Queste grotte algheresi furono visitate da Carlo Alberto, da Vittorio Emanuele II, dal principe Oddone, dal pricipe Tommaso e da Vittorio Emanuele III quando era ancora principe di Napoli.
Di modo che si può dire avervi le quattro ultime generazioni di Casa Savoja mandato ciascuno un proprio rappresentante. Queste visite sono in parte ricordate con lapidi.
Molti forestieri devastarono la bella grotta di Nettuno per toglierne delle stalattiti od altre concrezioni, si parla perfino di un comandante di fregata sardo che avrebbe introdotto un cannone nella grotta e se ne sarebbe valso per abbattere le più belle colonne delle quali avrebbe usato poi per adornare una sua villa a Nizza.
Altri attribuisce consimile devastazione anche ad un capitano della marina inglese, ed altri agli architetti di villa Pallavicini in Pegli che avrebbero ornate le grotte artificiali di quell’amenissimo soggiorno con pietre e formazioni calcaree estratte dalla grotta algherese.
Comunque sia, sta il fatto che molti danni furono apportati alla grotta e che sarebbe bene provvedere a che altri non ne avvenissero, stabilendo multe e pene per i devastatori.

Redazione la Stampa (g. c.)

Bibliografia: Le cento città d'Italia, supplemento illustrato del SECOLO società editrice Sonzogno. Litalia  fine ottocento storia costumi tradizioni edizioni Edison bologna.
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