Francesc Curroga, il polparo.

In Alghero la pesca dei polpi si pratica da secoli, una vera ricchezza che  ha dato origine anche alla ricetta tra le più interessanti della tradizione culinaria catalana. Il polpo in agliata che per Alghero è quello che per i lombardi è la cotoletta alla milanese o i tortellini in brodo per i bolognesi.

Polpo agliata all’algherese foto web

Un alimento che si procura anche a buon prezzo grazie prezioso habitat marino che ne favorisce una grande diffusione. Le tecniche di pesca sono le più varie: oggi quella più comune viene effettuata con piccole nasse mentre in passato generalmente  con l’uso di  particolari attrezzature dette polpare.

Polpara artigianale: una tavoletta, tre grossi ami e un foglio di piombo nella parte posteriore, l’esca veniva legata con una piccola sagola fissata ai lati della tavoletta.

Un’altra tecnica (illegale) non più utilizzata, almeno si spera, prevedeva l’utilizzo della cosiddetta pietra celeste, che altro non era se non Solfato di Rame che, disciolto nell’acqua, si legava agli atomi di ossigeno presenti nella stessa acqua rendendola tossica e irrespirabile,  costringendo il polpo a uscire dalla tana ed essere quindi facile preda. Una tecnica altamente inquinante, riteniamo oggi perseguibile anche penalmente.

Solfato di rame foto da web

La pesca, praticata correttamente,  era ed è  esercitata da pescatori professionisti e da normali cittadini di Alghero che occasionalmente si cimentavano in questa attività. In passato uno dei pescatori sportivi più noti era Francesco Sotgiu, meglio noto col nomignolo Francesc Curroga, che praticava la pesca da terra in quanto conosceva, come le sue tasche, gli scogli e le tane dove i polpi, notoriamente abitudinari,  erano facili da trovare.

Francesc Curroga non era un professionista,  ma certo non era uno che procurava i polpi andando a comprarli al mercato; l’attrezzatura che utilizzata era fatta con una una lunga canna cui era applicata la polpara realizzata da lui stesso. Un accorgimento che utilizzava in alcune occasioni (soprattutto di notte con l’ausilio della lampara)  era l’uso dell’olio d’oliva che, gettato in piccole quantità sul mare, creava una calma provvisoria e un effetto specchio che, per qualche secondo, facilitava la vista di fondali bassi e la cattura del polpo con la fiocina. Nonno Curroga era anche un gran burlone: quando andava a pesca di polpi a Calabona si faceva spesso  accompagnare dai nipotini. Una volta in zona di pesca li faceva accomodare vicino agli scogli e,  subito dopo, saliva nella parte alta della collinetta di El Trò da dove era in grado, lasciava intendere ai bambini, di poter individuare i polpi.

 Una volta giunto nel punto di osservazione gridava ai nipotini l’esatta posizione dei polpi che però i bambini, nonostante attente ricerche sugli scogli segnalati, non riuscivano a vedere. Allora nonno Francesco, fingendo disappunto, scendeva dalla piccola collina dicendo “adesso ve li faccio vedere io i polpi”.

Nonno Francesco con alcuni dei numerosi nipotini foto di Salvatore Sotgiu

 Subito dopo, armato di canna e polpara, procedeva alla cattura di qualche polpo, destando la meraviglia e  l’ennesima conferma che nonno Curroga aveva il potere soprannaturale di vedere i polpi a grande distanza dalla costa.

Questo giochino si ripeteva spesso e, ogni volta, per i nipotini era motivo di gioia e di accresciuta conferma che nonno Francesco era dotato di poteri speciali. Era insomma per i piccoli una sorta di supereroe e argomento di cui vantarsi con i compagni.

I bambini, diventati grandi, ricordano ancora quei momenti; forse non è vero che nonno Francesco aveva una vista così acuta e la scena descritta era solo per farli divertire. Una cosa però è certa: allora i polpi erano numerosissimi mentre oggi si ha la sensazione che siano drammaticamente diminuiti.

E’ possibile che si stia verificando la stessa sorte che sta toccando ai ricci di mare: una pesca indiscriminata che nei nostri mari ne sta determinando la quasi scomparsa.

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