Il grande vecchio di Covas

Il grande vecchio di Covas

di Salvatore Pinna

L’olivastro (olea oleaster) sulla strada di Salondra, regione Covas, è con tutta probabilità il più vecchio di Alghero ed ha una età apparente di almeno 1500 anni, anche se non quello di maggiori dimensioni, specie se confrontato con quello presente nell’oliveto davanti al convento di clausura delle Clarisse a Montagnese.

Mentre il tronco cavo, che misura  8,9 metri di circonferenza,  conserva tutta la sua maestosità e tormentata bellezza e ricorda la definizione dell’olivo di Federico Garcia Lorca (carico di grida), la chioma risente ancora dello sconsiderato scapitozzamento con un’ascia effettuato durante la seconda guerra mondiale da un servo pastore dei proprietari del terreno che, aggiungendo al danno la beffa, aveva assicurato che l’albero sarebbe ricresciuto più bello.

Secondo antiche testimonianze nel massimo dello splendore l’olivastro poteva servire da meriggio (miriagu) a 350 pecore, ma ancora non era il più grande  della zona. Un altro olivastro poteva ospitare ben 500 pecore, una vero gigante che poteva reggere il paragone con quelli di Luras, considerati i più vecchi e grandi del mondo.
E’ stato abbattuto per fare carbone, preziosa sostanza che ora è utilizzata sotterrandola nel terreno per renderlo più fertile ed allo stesso tempo sequestrare l’anidride carbonica principale responsabile del riscaldamento climatico.

Le espressioni sinergia e circolo virtuoso non erano ancora entrate in uso, ma pecore e olivastri le conoscevano perfettamente: ombra vuol dire letame, letame vuol dire maggior sviluppo della pianta e quindi più ombra, più ombra più letame e così via sinché non arrivano un servo pastore o un carbonaro. Fanno eccezione gli asini che, a differenza anche dei cavalli, non lasciano tracce sotto gli alberi o macchioni alla cui ombra si riparano.

Non so se avete visto nascere un olivo. Appaiono prima due piccole foglioline e la crescita sembra arrestarsi prima di iniziare. Seguono poi poche altre foglioline e per il primo anno basta. Il neonato olivo si guarda intorno con calma, deve studiare l’ambiente dove è nato e dove potrebbe vivere per più di duemila anni, uomini permettendo! Non ha fretta, non è certo l’erba dei miracoli del deserto della Namibia che dopo una pioggia deve crescere ed andare a seme in pochi giorni!

L’olivastro di Covas ha superato prove difficili, ma niente può contro la stupidità umana. Arature profonde hanno rotto le radici che spingeva nei campi circostanti, anche recentemente dei lavori sulla strada hanno rotto altre radici. L’albero soffre ed avrebbe bisogno di interventi urgenti.

Alghero dovrebbe prendere coscienza di questo albero monumentale, costruire intorno un muro di contenimento con della buona terra e potare regolarmente i sempre più numerosi rami secchi. Ben messo in evidenza potrebbe diventare meta di pellegrinaggi turistici e testimoniare la disperata e qualche volta vincente  lotta della natura contro la ottusa violenza dell’uomo.

Salvatore Pinna

 

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