I predatori del riccio di mare

di Nino Monti

Raccontano i libri di storia che Attila, il famigerato re unno, sia passato a miglior vita nell’anno 453.

Di lui si raccontano devastazioni e terribili angherie nei confronti dei popoli sconfitti nelle continue guerre che hanno caratterizzato la sua esistenza. Una fama ben riassunta nella frase “ dove passa Attila non cresce più l’erba”, tragicamente rimasta viva nella storia dell’umanità.

Morto il re non si è estinto purtroppo lo spirito devastatore che l’uomo non manca di riproporre in varia misura in ogni angolo del mondo.

Anche in Sardegna questo spirito devastatore si è palesato negli ultimi anni nella gentile figura dell’assessora regionale Gabriella Murgia che, imperterrita, continua a riproporre una normativa sulla pesca dei ricci di mare che sta procurando un vero e proprio disastro ambientale.

Sono ormai noti da anni i clamorosi danni che la pesca selvaggia dei ricci, regolamentata (si fa per dire) dalla Regione, sta procurando all’ambiente marino dell’intera Sardegna.

Lo sanno bene gli algheresi che hanno visto scomparire quasi totalmente questo pregiato alimento da tutte le coste del proprio mare.

I motivi che hanno portato a questa tragedia ambientale sono ben noti: storiedialghero.it da anni, attraverso una serie di articoli, non ha mancato di denunciarli (Killer dei ricci, Salviamo il riccio di mare, Attila il barbaro, Chi l’ha visto) e  che si possono riassumere nella assurda durata dei periodi di pesca (da novembre ad aprile) rispetto ai tradizionali 2 mesi.

Ma il vero colpo di grazia è stato dato dalla possibilità di conservare la polpa di riccio in vasetto; una pratica che ha alimentato numerose illegalità  e consumi nettamente superiori a quanto l’ambiente marino poteva sostenere. In breve si è arrivati ad uno sfruttamento intensivo che ha letteralmente reso, in pochi anni,  le ricchissime  coste della Sardegna in un deserto.

Secondo notizie di stampa in questi giorni l’assessora Murgia ha varato la normativa  per l’anno 2020-2021 riducendo di 15 giorni i tempi i tempi di pesca. Una riduzione di dimensioni ridicole.

Nessun provvedimento sull’utilizzo del famigerato vasetto, nonostante ci siano anche forti dubbi sui requisiti sanitari di quelli in circolazione, frutto spesso di pesca abusiva.

Sempre secondo quanto riportato da La Nuova, l’assessora avrebbe chiesto alla ministra delle politiche agricole, Teresa Bellanova, “ingenti risorse finanziarie” per per l’istituzione di zone di ripopolamento attivo del prodotto.

Gentile assessora Murgia, il ripopolamento delle zone depredate si può ottenere a costo zero seguendo tre semplici regole: riduzione drastica dei tempi di pesca, perimetrazione delle zone interdette alla raccolta, eliminazione del vasetto per la conservazione della polpa di riccio.

La caccia di risorse finanziarie per fantomatici studi e monitoraggi sarebbero semplicemente l’ennesimo spreco e un vero assalto ai soldi del contribuente.

 

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