Giovanni Agostino Saiu, classe 1911: ha navigato tutti i mari e oceani del mondo.

di Nino Monti

Iscrizione, a 17 anni, nel registro della gente di mare.

Com’è noto la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato all’Italia una eredità di distruzioni e miserie. Anche ad Alghero toccò la sua parte di lutti e disgrazie. Le ricordano le oltre 100 vittime del bombardamento del maggio del 1943, la distruzione o il grave danneggiamento di oltre 500 case e le tante persone sfollate nelle campagne o nei paesi vicini.

Alghero, bombardamento del 17 maggio 1943

Un dopoguerra caratterizzato da una  condizione sociale molto difficile e da una crisi economica gravissima che generò anche la famosa rivolta popolare del giugno 1945, quando una folla inferocita assaltò il Comune e cacciò sindaco, giunta e personale impiegatizio.

 Non soddisfatta la folla rivolse la sua attenzione invadendo i mulini Enrico e Carboni accusati di vendere la farina al mercato nero con l’aggravante di  destinare alla popolazione quella di scarsissima qualità.

Una visita dei manifestanti a San Giovanni, sede allora della Sella&Mosca, si risolse pacatamente con una riduzione del prezzo del vino, l’assunzione di numerosi operai da parte dell’azienda e un prestito di 50 mila lire al Comune che aveva le finanze dissestate. Prestito che nel tempo si trasformò in una donazione.

Manifestazione popolare

Una condizione economica e sociale estremamente grave  che spesso si risolveva  con l’emigrazione o cercando lavoro al di fuori dell’isola.

Per molti giovani algheresi, nel dopoguerra,  uno sbocco lavorativo fu trovato  cercando un imbarco nelle navi mercantili grazie alla fortissima ripresa dei commerci mondiali.

Essere nati in una città di mare e di aver fatto qualche esperienza come pescatori  facilitò naturalmente questa opportunità di lavoro.

 Nasceva in Alghero una nuova categoria di lavoratori: i cosiddetti “naviganti”.

Una figura considerata allora quasi mitica; girare il mondo era ancora considerato un qualcosa tra l’eroico e il misterioso. Decisamente altri tempi,  Internet era ancora lontana e le primitive chat  e  social media locali si esprimevano nell’ambito dei quartieri attraverso il sempre presente  “batturagliumini”.

Un mestiere, quello del navigante, comunque molto duro e non privo di pericoli  perché  si trattava di stare in mare per mesi, non sempre in navi moderne e di grandi dimensioni. Un mestiere però che poteva offrire guadagni decisamente più interessanti rispetto a lavori spesso precari disponibili in città.

L’algherese Giovanni Agostino Saiu, classe 1911, aveva proprio il giusto profilo. Iscritto nel Registro della Gente di Mare a 17 anni come pescatore, iniziò a dedicarsi alla pesca come semplice  apprendista sino alla chiamata per il servizio di leva  nell’incrociatore della Regia Marina Trieste dal 1931 al 1933. Richiamato nel 1935 per Mobilitazione fu promosso Marinaio di prima classe.

L’incrociatore “Trieste”
A bordo dell’incrociatore Trieste

Nel 1940 viene promosso Nocchiere e ottiene i primi imbarchi su bastimenti adibiti a cabotaggio nazionale,  in particolare sulla M/N G.M.Angioy della  compagnia Sardamare.

Nei periodi di sbarco riprende l’attività di pescatore e di bagnino nel famoso Lido Novelli nato da alcuni anni nel litorale di Alghero.

E’ immediatamente dopo la guerra che Giovanni Agostino  Saiu dà una svolta alla propria vita.

Prende contatto con la Compagnia di Navigazione Giuseppe Mazzini di Genova e come sottufficiale di marina mercantile (nostromo) inizia la propria navigazione oltre gli stretti sulle navi Stella, Spiga, Swan e altre ancora.

M/N “Stella”
M/N “Swan”

I porti dell’Europa del nord di Germania, Olanda, Gran Bretagna e altri sono quelli tradizionalmente  visitati.

Seguono poi i viaggi oceanici (America del nord sia Atlantico che Pacifico), Stati Uniti e Canada, America del sud, Africa, Unione Sovietica, Cina, Giappone, India e isola di Ceylon (oggi Sri Lanka)  e altri ancora.

Sosta nel canale di Suez
In navigazione
Vita a bordo

Lo Swan a Porto Said, si avvia a imboccare il canale di Suez

Una corsa continua da un porto all’altro che non lasciavano spazio a soste prolungate delle navi. Quelle rare venivano spesso utilizzate  anche per normali lavori di manutenzione.

 Da considerare inoltre quando queste si verificavano, capitavano magari in porti distanti migliaia di miglia da casa, rendendo di fatto impossibile un ritorno in famiglia.

La lontananza da casa poteva durare anche 10-12 mesi durante i quali, salvo fatti straordinari, erano le lettere mensili, facilmente riconoscibili dalla busta con la bordatura “air mail”, che mantenevano i contatti con la famiglia. Lettere tranquillizzanti quelle di Giovanni Agostino che servivano, in particolare,  a lenire le sempre presenti preoccupazioni della moglie che a sua volta manteneva forte l’unione della famiglia informando il marito lontano delle novità algheresi con particolare riferimento alla crescita dei figli.

Il ritorno ad Alghero, spesso agevolato da qualche scalo in porti italiani era una festa per tutti: per la famiglia naturalmente,  ma con essa anche per amici  e parenti.

Era il momento dei racconti di mondi lontani, delle esperienze vissute, quelle belle e anche quelle meno belle vissute in mare, su rotte e stagioni non sempre prive di pericoli.

Era anche il momento dei regali.

Ricordiamo che  nell’immediato dopoguerra  le condizioni socio-economiche erano dure per tutti. I regali erano sempre attesi, come si può immaginare,  con malcelata curiosità. Si trattava di oggetti, in particolare quelli per la famiglia, che richiamavano i tanti paesi visitati da Giovanni Agostino, naturalmente diversi e originali e anche di un valore non solo simbolico come le preziose porcellane cinesi e i raffinati Kimono di seta giapponese.

Per i figli piccoli  l’arrivo del genitore, umanamente anche commovente,  era anche un avvenimento decisamente pieno di gradite sorprese; stupore e gioia irrefrenabile  per il trenino elettrico, le rombanti macchinine e motociclette, per i primi giocattoli elettronici provenienti dal Giappone e naturalmente per le macchine fotografiche e cineprese molto ambite.

Per amici e parenti i tradizionali, ma sempre ben accetti,  liquori stranieri, qualche stecca di sigarette americane Camel e Chesterfield o qualche bella confezione di caffè crudo del Brasile o di The sfuso da Ceylon.

Coppia di Elefanti in ebano e avorio proveniente dall’India
Posaceneri in bronzo provenienti dall’Egitto
Portagioie con carillon proveniente dal Giappone
Statuina in avorio proveniente dall’India
Serie di Kimono e costumi giapponesi
Classico veliero in bottiglia
Servizio da caffè in porcellana giapponese
Servizio da caffè in porcellana cinese
Soprammobile cinese a forma di conchiglia

Il tempo passa veloce, sono passati quasi 30 anni da quando Giovanni Agostino ha iniziato a navigare su tutti i mari e oceani del mondo.  Tante le soddisfazioni raccolte: in primis aver assicurato una buona condizione economica alla famiglia, compreso l’acquisto della prima casa. Un risultato questo che è stato alla base della decisione di intraprendere questo lavoro; un obiettivo raggiunto anche grazie al decisivo supporto della moglie Giuseppina Marras che ha provveduto con dedizione alla crescita ed educazione dei figli Uccia, Tore e Pino ed alla gestione ottimale del bilancio familiare.

Rimangono i tanti ricordi, la tante burrasche ‘ condivise con i molti compagni di lavoro, i tanti aneddoti che inevitabilmente in giro per il mondo non sono mancati.

Particolarmente impresso nella memoria di Giovanni Agostino lo scalo nel porto siberiano di Vladivostok  dell’ Unione Sovietica. Una destinazione decisamente fuori dagli schemi. Siamo negli anni cinquanta, in piena guerra fredda, nella città che ospitava un’importantissima base della Marina sovietica. I controlli delle autorità marittime sovietiche fu severissimo e con la costante presenza del Commissario politico. Una presenza che gli destò non poche perplessità e forse qualche ripensamento sui risultati della Rivoluzione d’ottobre per la quale aveva dimostrato qualche simpatia. Per contro, sempre a Vladivostok, ebbe modo di apprezzare i sanitari sovietici in occasione di un suo ricovero in ospedale per una frattura causata da una caduta sul ponte ghiacciato della nave..

Un’esperienza certamente diversa dalle centinaia di altre, spesso fatte da normali pratiche doganali,  da qualche intoppo  burocratico o da difficoltà legate alle lunghe navigazioni.

E’ proprio nel corso di una di queste che Giovanni Agostino Saiu viene ricoverato d’urgenza a Buenos Aires (Argentina) per una improvvisa malattia che si era manifestata durante la navigazione.

Siamo nel 1970,  un momento molto difficile per il nostro navigante. Sbarcato dalla nave che continua la sua missione, rimane in ospedale per alcune settimane  sostanzialmente da solo, senza la possibilità di comunicare con la famiglia.

Grazie all’intervento della Cassa marittima (l’assicurazione degli uomini di mare), Giovanni Agostino viene rimpatriato. Con un volo diretto a Roma, accompagnato da un medico argentino date le sue condizioni fisiche delicate, viene accolto dal figlio Pino giunto da Alghero.

Un immediato ricovero nell’ospedale di Alghero non servirà purtroppo a superare la grave malattia che gli era stata diagnosticata. Giovanni Agostino Saiu lascia prematuramente questo mondo  a 59 anni.

Una storia, quella di Giovanni Agostino, che si presta a molte considerazioni oltre a quelle descritte:  è la storia di un uomo che ha ben rappresentato  il meglio di una generazione, quella del dopoguerra, che in presenza di condizioni ambientali socio-economiche difficili,  ha saputo dare una svolta alla propria vita affrontando con coraggio il futuro, facendo scelte non scontate sul lavoro, senza aspettare, come tanti concittadini,  improbabili eventi positivi.

Un esempio e una testimonianza di vita che per i giovani d’oggi sarebbe importante conoscere.

 

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