La Maddalenetta

di Giovanna Tilocca

La Maddalenetta è poco più che uno scoglio affiorante nella rada di Alghero a poca distanza dalla spiaggia di Maria Pia. Eppure la sua vita è stata piuttosto movimentata, a partire da quando vi è stata costruita una chiesetta intitolata a Maria Maddalena, sede di canonicato fin dal 1526[1].

Non sappiamo l’anno della sua erezione ma ci piace pensare che fosse di epoca genovese, basandoci sul rapporto privilegiato che i Liguri avevano con il mare. A chi altri sarebbe venuto in mente di edificare una chiesa su uno scoglio che nell’inverno era squassato dai venti e sommerso dai marosi? È certo che la chiesa era ancora in funzione nel 1700. Un atto di morte ci dice che il 17 agosto 1746 tra le mura della chiesetta era morta senza sacramenti una donna, Rosa Mera, e lì era stata sepolta. Tra gli ultimi canonici della Maddalena ricordiamo Francesco Marinetto, al quale è succeduto Gian Andrea Massala che viene insediato il 20 novembre 1816[2] e muore l’11 febbraio 1817 a soli 44 anni. Sembra che l’ultimo canonico di S. Maria Maddalena sia stato Carlo Alberto Domenico Mariotti (Alghero, 1777- Cagliari, 1862), nominato dopo il Massala. In realtà già dalla fine del 1700 la chiesa non era più aperta al culto e crediamo che a quell’epoca fosse in parte distrutta. Si può dunque affermare che fin dai tempi del Marinetto la chiesa non venisse più officiata.

la Maddalenetta

Sappiamo infatti che nel gennaio 1805 i negozianti Gio. Vitelli, Giosuè D’Alessio e Stefano Piccinelli avevano fatto una richiesta per costruire un lazzaretto di legno a loro spese nell’isolotto della Maddalena visto che a loro non è stato concesso di fare la quarantena a Capo Galera. Nel 1812 alcuni arrestati vengono portati nell’isola della Maddalena[3]. Sono tutti chiari segni del fatto che la chiesa è stata abbandonata anche se risulta sempre sede di canonicato. Nel 1835 «fu disposta la costruzione di un casotto sull’isoletta della Maddalena dove esistevano i ruderi di una vecchia chiesetta, sede di canonicato, per il cui utilizzo fu richiesta e ottenuta l’autorizzazione del capitolo diocesano algherese[4]». In breve tempo fu costruito un casotto ottagonale che doveva essere utilizzato per la disinfestazione della posta[5] nelle occorrenze di malattie contagiose che richiedevano la quarantena separato con un muro divisorio da un camerino semicircolare di 9 mq riservato ai quarantenanti[6].
In pubblicazioni del 1800 troviamo altre informazioni sull’isoletta. Il canonico Angius dice che la Maddalenetta «è tutta vivo scoglio, bassa, inetta a ogni coltura, e priva di animali, della circonferenza di circa un miglio, al cui riparo possono stare bastimenti di mediocre portata. Ebbe quest’appellazione da una chiesetta che vi sorgeva in onore di tale santa[7]». La Marmora afferma che vi è ancora una piccola chiesa dedicata alla santa che ha dato il nome all’isolotto e che attualmente è abbandonata[8]. Pasquale Cugia non fa cenno alla chiesa e riporta che l’isoletta era luogo di guardia sanitaria[9]

«Negli ultimi tempi faceasi scontare la quarantena o, meglio, i barchi sospetti erano sottoposti alla sorveglianza sanitaria, osservazione, nell’isolotto della Maddalena[10]».

In “Racconti Algheresi” di Michele Chessa troviamo una descrizione della chiesa.

Egli afferma che la costruzione aveva forma ottagonale con una superficie di 224 metri quadrati con un diametro di otto metri. Internamente si trovavano tre altari: l’altare maggiore dedicato a Santa Maria Maddalena Penitente, uno dedicato a San Pietro e uno con la statua della Vergine di Porto Salve. Pare che la statua della Vergine sia quella collocata nella nicchia del portico di Porto Salve costruito nel 1845.

[1]A. Serra, Le chiese campestri di Alghero, Edizioni del Sole, 2006, p. 72..
[2]   G. A. Massala, Giornale di Sardegna, Poliedro, 2001, p. 170.
[3]   Ivi, p. 131.
[4]   La costruzione, di circa 45 m2 è del 1838. Cfr. G. Oppia, Il Lazzaretto di Capo Galera, Carlo Delfino Editore, 2016, p. 198
[5]Ivi, p. 213.
[6]La presenza di un camerino semicircolare può far pensare che sia stato costruito sull'abside della chiesa.
[7]  V. Angius, Città e villaggi della Sardegna dell'Ottocento, Ilisso, 1833, p. 78
[8]  A. della Marmora, Itinerario dell'Isola di Sardegna, Fratelli Bocca, Torino, 1860, Vol. II p 101
[9]  P. Cugia, Nuovo Itinerario dell'Isola di Sardegna, Tipografia Nazionale E. Lavagna, 1892, Vol I, p. 137
[10]  Ivi, p. 146)
Statuina della Madonna di Porto Salve
ornata con le offerte dei fedeli.
(Foto di Salvatore Scala)

Michele Chessa racconta inoltre che ogni domenica e nelle solenni festività religiose un sacerdote accompagnato dal sacrista e dal barcaiolo si recava nella chiesa dell’isola per celebrarvi la messa. Aggiunge che nella buona stagione la chiesa era frequentata da numerosi fedeli; alcuni consumavano il pranzo nell’isoletta e altri si divertivano a pescare. La Maddalenetta attirava i gitanti soprattutto al tempo dei ricci.

È certo che gli algheresi frequentano ancora l’isolotto durante l’estate per fare il bagno o per trascorrervi l’intera giornata. È più difficile pensare che qualcuno possa ricordare che il prete vi si recava  per le celebrazioni dato che abbiamo fondati motivi per ritenere che la chiesa non fosse più in uso già nei primi anni del 1800, diversamente non ci sarebbe stata la richiesta del 1805 di costruirvi un lazzaretto di legno.

Michele Chessa riporta che ha avuto tutte queste notizie dal sacerdote don Antonio Mura Pinicu, ex frate cappuccino diventato rettore della chiesa di San Francesco nel 1909. Don Antonio era una persona molto colta e sosteneva che Alghero aveva una decisa vocazione turistica grazie alle sue bellezze naturali. Nel 1910 si era fatto promotore dell’iniziativa per ottenere la ricostruzione della chiesetta sull’isola. Si rivolse alle autorità municipali e alla popolazione ricordando le caratteristiche del vecchio edificio e scrivendone la storia. Fece stampare un manifesto volante presso la tipografia Ubaldo Satta di Sassari con il quale chiedeva agli algheresi un contributo in danaro per realizzare la ricostruzione della chiesetta. La proposta non ebbe adesioni e fu presto accantonata[1].

Intorno al 1950-55 sulle sue rocce si edificò il faro. Durante i lavori eseguiti dai Corbia, sotto i ruderi delle precedenti costruzioni, furono ritrovate ossa umane. Questo dettaglio ci ricorda l’uso di seppellire i defunti nelle chiese e il documento dell’Archivio Diocesano ci conferma tale usanza anche nella piccola chiesa di Santa Maria Maddalena. Mi chiedo a chi fosse concessa tale speciale sepoltura poiché tra tutti gli atti di morte esaminati, ne ho trovato uno soltanto che riporta una  inumazione nella chiesa. Forse era riservata ai naufraghi che perdevano la vita nelle nostre acque, ma questa è soltanto un’ipotesi.

[1]M. Chessa, Racconti Algheresi, Vol. III, La Celere, Alghero, p. 79 e seg.
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