Lu batil

di Salvatore Pinna

Lu batil, nella sua versione più semplice, era un involto di carta e terra che veniva scagliato generalmente dall’alto della muraglia sui malcapitati che si trovavano sotto. Avvolte dal polverone le vittime, spesso centrate durante delicati passaggi saltando di pietra in pietra dopo una giornata di mare, non potevano vedere gli assalitori che continuavano i lanci per poi scomparire nel nulla.

Altre vittime designate erano i cantanti, centrati sul palco durante le esibizioni con batils spesso di frutta marcia.
Il trattamento non risparmiava nessuno, anche i più famosi, e pare che molti, tra cui Claudio Villa, giurarono solennemente di non tornare mai più ad esibirsi senza alcuna protezione dai precisi lanci!

Potevano rientrare nella categoria dei batils anche buste di acqua o peggio di un liquido giallino! Si favoleggiava anche di un grosso batil di rane morte e non c’erano limiti alla creatività. Colpiva tutti: lavoratori spioni, ubriachi notturni troppo rumorosi, compagnie antipatiche, etc.
Ad Alghero c’era il “Batil Club”, che si dedicava agli usi più fantasiosi di questo celebre scherzo algherese, purtroppo ormai caduto in disuso.  Era arrivato ad Alghero un tenente fresco di nomina, che d’estate passeggiava impeccabile tutto vestito di bianco sotto la Madonnina. Fu subito centrato dall’alto con un batil ben confezionato e la sua violenta reazione fu di  tirar fuori la pistola e  iniziare a sparare. Per niente spaventati i membri della setta segreta decisero una punizione esemplare. Alcuni giorni dopo, quando si sedette sulla solita panchina,  da sopra la muraglia un coraggioso,  tenuto a mano da due amici,  gli cagò sopra. Rischiò moltissimo perché gli amici, presi  da un folle risata,   stavano per mollarlo e dovette implorarli: “No ma ammuglieu, no ma ammuglieu!”
Altro batil famoso fu quello fatto con un vecchio canistru riempito di ogni ben di Dio (pare soprattutto m….) e lanciato dalla Madonnina su alcuni insigni rappresentanti dell’Asci (Associazione scoutistica italiana) che accompagnavano a visitare la punta del molo un altrettanto illustre collega francese, tutti ovviamente in alta uniforme. Il canestro, neanche a farlo apposta, centrò perfettamente il povero francese e, in aggiunta, il già debole fondo si sfondò, tanto che gli rimase come un collare maleodorante. Le vittime non poterono raggiungere gli assalitori, che scesero precipitosamente vicolo Bertolotti per poi subito scomparire nelle strette viuzze. La Madonnina era infatti un luogo ideale per i batils, le vittime da sotto a sopra dovevano percorrere un lunghissimo percorso e gli assalitori avevano tutto il tempo per dileguarsi.
Era addirittura in uso l’espressione ” mira che ta sighin a batils” per dissuadere qualcuno dal mettersi troppo in mostra, atteggiamento che attirava inevitabilmente la meritata punizione!

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