Pinuccio Sciola in Sella&Mosca

Pinuccio Sciola in Sella&Mosca

Di Nino Monti

Nel 1990 Sella & Mosca compiva i primi 90 anni della sua attività; un appuntamento importante che la Direzione aziendale voleva festeggiare nel migliore dei modi.

Tra le iniziative previste, oltre all’inevitabile cerimonia con autorità e ospiti importanti e i tradizionali comunicati stampa sulla storia di quella che nel frattempo era diventata l’azienda vitivinicola più importante della Sardegna e una delle prime in Italia, furono decise alcune iniziative collaterali che richiamassero anche i valori che il mondo del vino si porta appresso da millenni: storia, cultura, tradizioni, legami con il territorio.

E’ con questi presupposti che la scelta cadde su una grande mostra delle opere del Maestro Pinuccio Sciola, scultore sardo emergente che esprimeva pienamente nel suo lavoro questi valori.

Pinuccio Sciola al lavoro
Pinuccio Sciola sul trono utilizzato nell’opera “Turandot”

Mario Consorte e Nino Monti, dirigenti della società, iniziarono subito a lavorare sul progetto.

Fu contattato il Maestro che accettò con entusiasmo; in un successivo incontro presso le tenute Sella & Mosca furono concordate modalità e durata della mostra .

Si decise di realizzare sulla piazzetta, cui fanno da cornice i fabbricati del centro storico aziendale, un’isola verde rialzata rispetto al piano di calpestio dove posizionare le oltre trenta sculture previste.

Preparazione della mostra: a destra il Maestro Sciola con accanto Gavino Gadau della Quadriflor

Il progetto prevedeva inoltre un percorso di avvicinamento alla mostra attraverso il posizionamento di numerose altre opere che, a partire dall’ingresso aziendale, accompagnavano il visitatore sino alla  piazzetta.

L’esposizione sarebbe durata da maggio a settembre per dare la possibilità anche ai numerosissimi turisti e visitatori di poterla vedere e apprezzare.

Fu un grande successo, la mostra ebbe l’attenzione di tutti i media regionali e confermò, se mai ce ne fosse bisogno, quanto sia importante per le aziende essere vicine al territorio con iniziative anche al di fuori del contesto puramente economico.

Della mostra rimangono in Sella&Mosca molte opere posizionate nei bei giardini aziendali, quasi a testimoniare che un buon bicchiere di vino e un’opera artistica appartengono a mondi con molti valori in comune.

A fine mostra l’azienda commissionò al Maestro una statua della Madonna con Bambino che fu collocata accanto alla chiesetta.

Madonna dell’uva

Quando si trattò di discutere il prezzo ci fu, ricordano in molti, un simpatico siparietto tra Pinuccio Sciola e Nino Monti il quale anticipando il Maestro disse “Pinuccio, non mettermi nella condizione di discutere il prezzo, non vorrei, indicando il cielo, risponderne a tempo debito con qualcuno”

Sciola, anche lui sentendosi evidentemente coinvolto, disse la cifra. Non ci fu alcuna discussione.

Sono passati 25 anni, da scultore emergente Pinuccio Sciola è diventato nel tempo un artista di fama internazionale che è purtroppo  mancato nel maggio 2016.

In Sella & Mosca, come già detto,  rimangono molte sue opere della mostra del 1991 (forse la più importante fatta dall’artista  per numero di opere esposte)  e il ricordo indelebile di quanti lo hanno conosciuto e ne hanno apprezzato, oltre al grande talento, le qualità umane di uomo semplice, generoso, eternamente innamorato delle sue pietre.

Nino Monti

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Sono nato da una pietra

Il mio incontro con Pinuccio Sciola

Di Anna Cadeddu

“Sono nato da una pietra” amava dire. Ed era vero. Della pietra aveva i segni sul volto, sulle mani, nei suoi modi schietti e immediati. Come la pietra amava sentire il terreno sotto i piedi nudi. Della pietra, delle sue pietre sonore, aveva la voce, ferma e decisa ma anche fluida e melodiosa, capace di incantare e far vibrare l’anima. NATO DA UNA PIETRA è anche il titolo di un saggio scritto su di lui dallo scrittore argentino Leonel Angel Mitre.

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Quando realizzò la sua mostra in Sella & Mosca, io vi lavoravo da un anno ed ebbi modo di incontrarlo solo brevemente. Ero incuriosita da quei moderni dolmen e menhir ma mi limitai ai saluti e a qualche impacciata frase di circostanza. L’occasione per conoscerci meglio sarebbe arrivata solo qualche anno dopo, quando tornò a visitare le cantine.

Le pietre sonore mi avevano già conquistata, così gli mostrai alcuni ritagli di giornale che collezionavo, potendo finalmente esprimergli tutta la mia ammirazione, che lui accolse con gioia, quasi con sorpresa e uno sguardo brillante di gratitudine. Lui, che riceveva autorevoli riconoscimenti in tutto il mondo, era capace di emozionarsi per i complimenti di una assoluta profana.

Nacque così una sincera ed affettuosa simpatia che tuttora mi riempie di orgoglio e meraviglia. Mi regalò alcune pubblicazioni e, su “Suoni di Basalto” di Placido Cherchi, anche la sua prima dedica: <<ad Anna con “pietre” e amicizia>>.

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Le note biografiche su Pinuccio Sciola sono smisurate ed è impossibile riportarle qui tutte, ma sono facili da trovare nei numerosi cataloghi delle sue opere stampati in varie lingue, e in rete basta digitare “pietre sonore” perché si apra un’immensità di informazioni, immagini, video che aiutano ad apprezzarne il lavoro e la personalità.

Ma incontrarlo di persona, nella sua casa, nel suo giardino sonoro, era una scoperta continua, un’esperienza che acuiva tutte le sensazioni, che ti smuoveva profondamente e ti metteva in pace con l’universo.

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Ti accoglieva come se ti stesse aspettando, come se non vedesse l’ora di mostrarti, raccontarti tante cose. Ti coinvolgeva subito in quello che stava facendo. Anche se non ti riconosceva, anche se non eri uno dei tanti ospiti illustri che arrivavano continuamente a San Sperate da tutto il mondo per incontrarlo.

Non era un uomo facile ma percepivi immediatamente l’onestà e la generosità, sempre disponibile anche se incredibilmente impegnato, un artista amatissimo in tutto il mondo e spesso incompreso in patria, con tanti incredibili e grandiosi progetti da realizzare. Diceva che un vero artista dovrebbe essere costretto, condannato a fare il suo lavoro giorno e notte, affinché non si perda nulla di ciò che può creare, piuttosto che a dover continuamente affrontare gli ostacoli della burocrazia o, come nel suo caso, anche i costi delle autogru.

Lavorava una materia pesante e dura. Poi la faceva suonare accarezzandola con le mani o usando un archetto da violino. La vedevi diventare elastica sotto i suoi polpastrelli, e liberare melodie che mai avresti immaginato potessero scaturire da una pietra, seppur dall’apparenza delicata nel minuzioso gioco di trame e trasparenze.

“Il mio obiettivo non è creare strumenti musicali di pietra, il mio desiderio è che tutti possano sentire i suoni che sono insiti nella pietra da quando la materia si è formata, da quando è nato l’universo.” Citava i vangeli: “in principio fu il verbo”, inteso come vibrazione, come suono. E la cultura Inca, che definisce la pietra come “spina dorsale del mondo”.

Tutti i suoni nascono da una vibrazione. Nella pietra è l’origine del mondo così come il suo futuro. Le più moderne tecnologie utilizzano il quarzo, i silici. Ogni pietra porta la memoria della materia dalla quale si è creata e suona come fuoco, o come acqua”.

Ti chiedevi come fosse possibile che tanta sensibilità potesse coesistere con un senso pratico acutissimo e un’assoluta concretezza. Era figlio di contadini, e contadino lui stesso. Si preoccupava perfino di darti qualcosa da mangiare per il viaggio di rientro!

Un grande viaggiatore, una mente superiore, una cultura smisurata e mani capaci di far suonare la materia muta per eccellenza. Tutti dovrebbero poter accarezzare una sua pietra sonora.

Nelle strade e piazze di Alghero purtroppo non ce ne sono, ma la nostra città lo ha ospitato più volte, solo per citarne alcune: nel 1985 con l’esposizione Artintorre di cui facevano parte il dolmen ed il menhir che si trovano nei giardini Giuseppe Manno; nel 2015 con le sue opere dedicate a Gaudì durante la mostra sul grande architetto catalano; un suo “seme di pietra” è collocato dal 2011 in Largo San Francesco. Un’anima liscia e regolare che emerge da una profonda incisione nella roccia che la ingloba. Oggi è “seminato” nell’aiuola di Piazza Pino Piras.

I suoi “semi della pace” sono stati esposti in numerose capitali europee e ad Assisi, dove sono anche stati eseguiti brani di grande intensità composti appositamente per le sue pietre sonore.

Dal 1991, anno della sua mostra nelle tenute, i giardini della Sella & Mosca ospitano molte sue sculture, ma ancora le pietre sonore non avevano visto la luce.

Il grande debutto avvenne nel 1996 a Berchidda, durante il Time in Jazz, quando le sue pietre furono suonate da grandi artisti.

Chi c’era ricorderà la lunga fila di persone in attesa di sfiorare le sculture per sentire, nello stupore generale, quei suoni sconosciuti e così distanti da quelli percussivi che, fino a quel momento, si pensava fossero gli unici che un “sasso” potesse produrre. Un’esperienza oggi possibile nelle principali città d’arte di tutto il mondo.

La sua casa, colma di ricordi, di sculture di vari materiali, disegni, libri, è un patrimonio immenso che i suoi figli hanno deciso di salvaguardare e valorizzare attraverso la Fondazione che porta il suo nome.

Numerosi sono gli incontri, i concerti, gli eventi che si organizzano presso il suo giardino sonoro, che è visitabile tutto l’anno.

Vi si possono trovare anche le sue ultime creazioni in granito. Non suonano, ma le lievi incisioni, a volte impercettibili, sapientemente illuminate, fanno apparire immagini di raffinatissima suggestione.

Tutti dovrebbero visitare il suo giardino sonoro, dove gli aranci condividono lo spazio con le sue numerosissime sculture e dove si può imparare a percepire i suoni con tutto il corpo, mentre sua figlia Maria, custode e sorella, ti guida in un percorso che è legame profondo con chi ha generato lei e le opere che la circondano.

Anna Cadeddu

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