Il ritorno di Attila

Salviamo il riccio di mare

di Nino Monti e Carmelo Murgia

Con il 30 aprile 2017 si è chiusa la campagna di pesca del riccio di mare che la legge regionale rende praticabile dal primo novembre 2016Ad onor del vero più che una campagna di pesca si è trattato di una sorta di campagna militare contro il prelibato bogamarì che lo sta portando quasi all’estinzione.

Il prossimo primo novembre 2017 dovrebbe essere emanata la nuova normativa per la stagione 2017-2018. Ecco materializzarsi  negli uffici regionali, con la consueta tempestività, la presenza del signor Attila prodigo, come sempre, di suggerimenti nefasti nella elaborazione del provvedimento regionale.

Storie di Alghero ha, in più occasioni, criticato fortemente il fatto che la pesca sia consentita per troppi mesi (sei) e che la polpa del riccio possa essere commercializzata (fuori da ogni controllo) in vasetti incentivando quindi abnormi consumi fuori dalla tradizione gastronomica sarda (si pensi alla pizza ai ricci: una vera bestemmia culinaria) e con requisiti sanitari praticamente assenti. Consumi che ampliamente è dimostrato risultano nettamente superiori al potenziale riproduttivo dei banchi, pena naturalmente l’esaurimento degli stessi come tragicamente sta avvenendo.

Per essere precisi è noto che i pescatori (autorizzati e abusivi) utilizzano la conservazione in vasetto per soddisfare le richieste di ristoranti, pizzerie e i consumi di privati differiti nel tempo. In buona sostanza se mancano i consumatori tradizionali, nessun problema, c’è sempre il vasetto.

Alghero, scalo Tarantiello: storico punto di vendita dei ricci

In due articoli, Salviamo il riccio di mare e Attila il Barbaro abbiamo spiegato le ragioni per cui la normativa regionale sia da ritenere deleteria ai fini del mantenimento di questo grande patrimonio alimentare e ambientale. Proprio in questi giorni (ottobre 2017), nell’imminente pubblicazione della normativa 2017-2018, nell’oristanese in pochi giorni sono state raccolte 9300 firme per protestare contro la devastazione dei banchi presenti nel golfo ad opera dei pescatori cagliaritani.

Storie di Alghero ha percorso in lungo e in largo in barca, avvalendosi di una camera subacquea, i tradizionali punti di pesca algheresi, dall’isoletta della Maddalenetta a tutta la costa che va dalla Torre di San Giacomo (nota ai più come torre dei cani) a Calabona.

Una desolazione: posti dove fare il bagno richiedeva molta attenzione per la presenza massiccia di ricci oggi ne sono praticamente privi. Non a caso infatti il comune di Alghero ha annullato la tradizionale Sagra che si teneva al porto tutti gli anni. Una sagra che richiamava il tradizionale consumo dei ricci all’aria aperta che ha accompagnato la vita degli algheresi da sempre.

In qualche maniera si sta ripetendo la devastazione procurata ai banchi di corallo dall’utilizzo di attrezzi quali l’ingegno e Croce di Santandrea, oggi proibiti, e per secoli consentiti perché non si aveva, forse per ignoranza, la percezione dei danni procurati ai banchi di corallo e all’intero habitat marino.

L’ unico che forse non si è accorto di questo disastro risponde al nome di Attila di cui abbiamo parlato e che, come già detto, ogni tanto si materializza nell’Assessorato all’Ambiente della Regione Sardegna.

Naturalmente in buona compagnia con i molti vice-Attila presenti in tanti, troppi, comuni della nostra isola.

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