Giuan Giovetta

di Sardonicus

Era possibile vederlo in pieno inverno nuotare pacificamente al largo della Muraglia, segno che aveva appena terminato un soggiorno obbligato da qualche parte. La sua resistenza al freddo era proverbiale ed a Claut, a tre chilometri da Longarone, dove aveva fatto il militare, ricordavano ancora dopo qualche anno un algherese che faceva il bagno nel fiume ghiacciato. Al Pub Jamaica si poteva vedere una foto di Giuan sorridente dentro una tamburlana con due blocchi di ghiaccio in mano!

Da ragazzo viveva con una nonna che non aveva molte disponibilità finanziarie. Di corporatura possente fece anche lui la solita trafila di manovale, molto ricercato per “gettare solette”, attività di breve durata ma che richiedeva molta forza fisica e resistenza. Lavorò anche all’Etfas, ma poi preferì la libertà!

Il soprannome derivava dal modo in cui confessò di avere una relazione sentimentale: “Tenc una giovetta (giova)”.

Si esprimeva in maniera molto colorita ed anche con immagini geniali, usando sempre un tono di apparente disprezzo. Ovviamente preferiva l’algherese, l’italiano era per lui una lingua appresa che nascondeva innumerevoli trabocchetti.

Interrogato su un furto rispose: “E cosa vuole, con questi taschini non si può lasciare nemmeno una pinta brutta (un pettine sporco per i meno colti) sullo scoglio”. Investito da una “Mehari” la defini una “barraca”.

Faceva parte dei grandi della Muraglia e possedeva una moto. Una volta lo vidi scappare dalla polizia coprendo la targa con i piedi, quasi non fosse abbastanza conosciuto.

Come molti alla Muraglia praticava la pesca con le bombe e nessuno dei più piccoli rischiava di entrare in acqua a raccogliere qualche piccolo pesce. Si limitava a raccogliere il pesce a galla e chiedeva ai ragazzini di raccogliere quelli a fondo.

Si racconta che una volta decise di avere un cane e incontrò proprio il cucciolo di pastore tedesco che stava allevando il commissario di polizia!

In età più avanzata si guadagnava da vivere vendendo bibite con una moto-carrozzella, ed era famoso il modo in cui incitava i clienti a consumare sempre con il suo tono di disprezzo: “E compratevi due pistacci, pidocchiosi, y vaniu, miserablas, etc.
Il furto della radio da parte di Moc Brut lo mandò in bestia tanto che il colpevole si affrettò a restituirla. Un’altra volta gli rubarono la moto. Pensando che potessero essere i tossici si recò nel loro bar ed iniziò a pestarli. La moto riapparve, ma per la rabbia Giuan la buttò dalla Muraglia, miracolosamente rimase intatta. Il fratello di Giaun Domenichino invece ci lasciò la vita quando cadde insieme a Gavì Fulchetta dall’ambisua durante un gioco.
Viveva al quartiere ed una volta gli mancarono delle bistecche. Individuò la famiglia colpevole chiedendo ad uno dei più piccoli cosa avesse mangiato. “Bisteccas, ciù Giuan”, fu l’ingenua risposta!

una delle motocarrozzella di Giovetta parcheggiata al Quarter

In realtà era molto generoso e mandava i più piccoli a comprare un intero coc ripieno, che poi divideva con i bambini. Al Quartiere faceva delle arrostite che distribuiva a tutti e mangiava quello che avanzava.
Fu nominato vice presidente della squadra di calcio “I Cosmos”. Entrava negli spogliatoi e si informava della posizione in classifica della squadra. Gli veniva comunicato che mancavano tre partite e per poter ottenere la qualificazione occorrevano tre vittorie, allora Con piglio presidenziale incoraggiava la squadra dicendosi sicuro che ne avrebbe ottenuti almeno sette!

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