L’orologio del campanile

di Roberto Barbieri

Se c’è una cosa difficile da definire, in italiano come in qualsiasi altra lingua, questa cosa è il tempo. Parliamo del tempo “cronologico” ovviamente, non del tempo atmosferico o di altri significati legati a questa parola. Il “tempo” fugge e ci sfugge. E’ una freccia unidirezionale che condiziona l’intero universo ed accompagna, senza mai distrarsi, la nostra vita dal punto A (nascita) al punto B (morte). L’unico uomo che ci ha capito qualcosa è stato Albert Einstein, che genialmente ha definito il tempo una dimensione strettamente legata alle altre dimensioni spaziali. Ad esempio, il nostro armadio di casa ha tre dimensioni spaziali (altezza, larghezza, profondità) facilmente misurabili, ma ne ha anche un’altra strettamente legata alle prime tre, la dimensione temporale, assai più difficile da definire e misurare.

Comunque, il non essere riusciti a comprendere appieno l’essenza del tempo, non ha impedito a noi umani, di suddividerlo in anni, mesi, giorni, ore,…seguendo logiche astronomiche legate soprattutto ai movimenti di rivoluzione e di rotazione della terra.

Gli antichi popoli mesopotamici, ma anche i Cinesi, gli Egizi o i Maja, avevano grandi conoscenze astronomiche, pur senza disporre di telescopi. In particolare gli Egizi avevano la necessità di impostare un preciso calendario a cui riferirsi per le stagionali attività agricole, subordinate alle piene del Nilo. Furono loro che suddivisero la giornata lavorativa (dall’alba al tramonto) in 12 frazioni di tempo. Dividendo allo stesso modo anche la durata della notte, si giunse alla suddivisione di un intero giorno in 24 ore. Divisione utilizzata ancora oggi. Per stabilire le ore del giorno si usavano meridiane solari, e per gli intervalli di tempo, orologi ad acqua o clessidre con sabbia. Le conoscenze astronomiche degli Egizi avevano molte implicazioni architettoniche, e sono evidenti in tanti loro monumenti, come ad esempio nel perfetto allineamento, rispetto ai quattro punti cardinali, delle basi delle piramidi.

Nel IV secolo a.C., sempre in Egitto, presso la grande scuola di Alessandria, fulcro del sapere dell’intero mondo di allora, vengono misurate con esattezza le reali dimensioni della Terra, ovviamente già considerata sferica. Ci riesce un grande genio dell’antichità, Eratostene di Cirene. Usando la misura dell’angolo verticale di un’ombra ad Alessandria, nel mezzogiorno del solstizio, e conoscendo la distanza in stadi tra Alessandria ed Assuan, con un efficace ragionamento, Eratostene riesce a calcolare la circonferenza della terra con stupefacente precisione.

Più tardi è Giulio Cesare ad impostare il calendario che, con alcune correzioni apportate durante il pontificato di Gregorio XIII nel 1582, è in vigore ancora oggi in gran parte del pianeta.

Ma già in pieno Medioevo erano di uso comune gli orologi solari (meridiane) murate sulle pareti esposte a sud delle chiese o dei palazzi nobiliari. E proprio dall’esposizione verso il sole, nel punto più alto del suo passaggio giornaliero, le meridiane prendono il loro nome. Sono cioè orientate verso il meridiano locale.

Clessidra e meridiana

In alcuni casi gli orologi solari visualizzano il movimento del sole durante l’intero anno (analemma), come nel caso della bellissima linea meridiana posta sul pavimento di San Petronio, a Bologna (costruita dal frate Egnazio Danti, proprio al tempo di Gregorio XIII, e perfezionata in seguito dal grande astronomo G.D. Cassini). Ad Alghero, in piazza Civica, sulla facciata del Palazzo Lavagna, al primo piano ed orientata a sud, è presente una bella meridiana quadrata, in ardesia grigio chiaro, con inciso al di sopra: anno 1866 – coelestium index. La meridiana è purtroppo svilita da cavi elettrici che gli passano proprio davanti (una totale mancanza di sensibilità che spesso è la regola in molti monumenti del centro storico algherese).

La meridiana di Piazza Civica

Un interessante riferimento alle direzioni cardinali lo troviamo, ad Alghero, nella torre “dei cani” o di San Giacomo. La torre, molto antica (forse già di primo impianto genovese), è costruita direttamente sulla scogliera, ha pianta ottagonale, e i muri sono allineati con le direzioni degli otto venti principali (da nord: tramontana, grecale, levante, scirocco, ostro, libeccio, ponente e maestrale). E’ l’unica torre algherese non a pianta circolare, e Michelino Chessa riferisce (racconti algheresi, volume 1) che in passato veniva usata come faro. Vi si accendeva al di sopra un fuoco per aiutare l’avvicinamento delle imbarcazioni.

La Torre di San GIacomo

Nelle città marinare si costruiva spesso una torre dei venti. La più antica e famosa è quella di Atene (gli antichi venti dei Greci erano, da nord: borèa o aquilone, euro, noto e zèfiro). Anche a Porto Torres, la torre aragonese del porto ha pianta ottagonale.

Dal XIV secolo in poi, le città europee iniziarono ad abbellirsi anche con i grandi orologi da torre. Venivano posti, proprio come le meridiane solari, in alto sui campanili delle chiese o sulle torri civiche. Spesso erano costruiti e mantenuti efficienti da frati. Collegati con le campane, questi grandi orologi iniziarono a scandire le ore della preghiera e del lavoro. Avere un grande orologio posto in un punto ben visibile al centro del paese, era simbolo e prestigio per il paese stesso.

Il Canonico algherese Michele Urgias riferisce che, nel novembre del 1747, due frati costruirono e montarono l’orologio grande del campanile di Santa Maria. Il principio costruttivo degli orologi da torre non era molto diverso dagli orologi a ingranaggi che venivano costruiti per i pochi che avevano i soldi per acquistarne uno. Ma, invece di cariche a molla, il motore del meccanismo era costituito da pesanti contrappesi che, scendendo con un cavo giù dalla torre, azionavano gli ingranaggi.  Un’altro congegno (scappamento) aveva il compito di regolare e alternare il movimento. Restava soltanto da ricaricare regolarmente i contrappesi (riportandoli in alto), e oliare periodicamente gli ingranaggi. Aggiungo, per curiosità, che il sistema dei pesi era semplice e affidabile. Anche il meccanismo che faceva ruotare la lanterna dei fari costieri, quello di Capo Caccia compreso, era un sistema con contrappesi. Per questo motivo, anche i fari erano costruiti alti come le torri.

Il campanile di Alghero

Arriviamo così nell’Ottocento. Nel 1858 il consiglio comunale algherese (con il sindaco Giambattista Garibaldi in testa) mise in bilancio 800 lire per l’acquisto di un moderno orologio per il campanile della cattedrale. Con un tempismo ed un’efficienza non troppo diversi dalle amministrazioni più recenti, ci volle però più di un quarto di secolo per riuscire finalmente a piazzare il nuovo orologio in cima al campanile. Infatti, solo nel 1885, la ditta prescelta, Pietro Granaglia e C. di Torino, invia ad Alghero un suo operaio per montare finalmente l’orologio. La premiata Ditta Granaglia, oriuolai specializzati, ha ottime referenze e serve molti enti pubblici e ricchi privati in tutt’Italia. In Sardegna, a cavallo tra 800 e 900, numerosi paesi compreranno orologi da questa ditta per abbellire municipi, stazioni o campanili: Aidomaggiore, Meana Sardo, Iglesias (3 orologi), Nule, Sorso,… In alcuni casi queste belle macchine per misurare il tempo si trovano ancora in buono stato di conservazione, come l’orologio della torre del municipio di Villanova Monteleone, sormontata dalle campane. A Sassari la Ditta Granaglia ne fornirà due, sul Municipio e sul palazzo della Prefettura in Piazza d’Italia. Quest’ultimo orologio, un gioiello delle tecniche di allora, è ancora ben funzionante dal lontano 1880, anno in cui entrò in funzione. A differenza dei due orologi algheresi (come vedremo più avanti), questo gioiello tecnologico ancora oggi viene amorevolmente ricaricato e lubrificato, segnando il tempo con stupefacente precisione.

Il meccanismo dell’orologio del palazzo Prefettura Sassari (foto da web)
La premiata Ditta Pietro Granaglia – Torino

Ma torniamo al campanile di Alghero. Il nuovo orologio viene montato nel 1885 e inizia a segnare le ore, regolato nei primi anni con la meridiana di Piazza Civica, e poi (via telegrafo) con il tempo ufficiale d’Italia del meridiano di Monte Mario.

Ma i suoi delicati meccanismi, posizionati all’interno della piramide sommitale della torre campanaria, non verranno protetti in alcun modo, e dopo un quarto di secolo gli ingranaggi sono così deteriorati dalla salsedine e dagli escrementi dei piccioni, che si deciderà l’acquisto di un nuovo orologio con un quadrante più grande (1,8 m). Nel 1912 il consiglio comunale (sindaco Battista Sartore), delibera lo stanziamento di 2000 lire per il nuovo orologio. Nel 1913, si ripete l’iter precedente. Arriva ad Alghero il tecnico della Ditta Granaglia e monta l’attuale quadrante in ghisa di 1,8 m di diametro e il nuovo orologio, più moderno. E’ un insieme di meccanismi in grado di muovere le sfere (lancette) e di far suonare le diverse campane durante i quarti, la mezz’ora e l’ora. I grossi pesi di granito sono fissati a cavi lunghi oltre venti metri, e consentono all’orologio di essere ricaricato solo una volta a settimana. Il vecchio meccanismo (quello del 1885) verrà smontato e riparato (al costo 500 lire), per poi sparire nel nulla, e nessuno è in grado, oggi, di dire dove sia finito.

Però anche gli ingranaggi del nuovo orologio non verranno purtroppo dotati di un armadio di protezione, anche se il Comune pagherà, negli anni, diversi manutentori per garantire un minimo di lubrificazione. Comunque sia, per mezzo secolo, questo bell’orologio da torre, segnerà il tempo della vita algherese. Il tempo del lavoro, del riposo e della preghiera domenicale.

Ma il tempo scorre e cambia. Nei primi anni ’60 si decide di sostituire il meccanismo meccanico con un orologio elettrico. I contrappesi vanno in pensione e gli ingranaggi costruiti dalla Ditta Granaglia vengono scollegati e lasciati tristemente in loco ad arrugginire. Dopo sessant’anni sono ancora li. E i contrappesi, staccati dai cavi, sono ancora oggi sul pavimento di Santa Maria, dietro al presbiterio.

Orologio del 1913, stato attuale. Foto Gianni Saiu
Contrappesi all’interno della Cattedrale di Santa Maria

Forse per una vendetta del passato sul presente, il nuovo meccanismo durò poco, fermandosi del tutto negli anni ’80. E solo dopo altri 30 anni, nel 2012, e dopo accurati restauri, l’orologio del campanile ha ripreso a funzionare.

Oltre un secolo è passato da quando, nel 1913, venne montato il “nuovo” orologio. Quei meccanismi, lasciati alle intemperie in cima al campanile, sono oggi un pezzo di storia della città. E’ pertanto  auspicabile e doveroso provvedere ad un poco oneroso intervento di recupero. Ovvero, smontare gli ingranaggi, portarli in una officina e, dopo una semplice, ma accurata pulitura, esporli al pubblico con le relative note didascaliche.

L’Associazione Storie di Alghero, nel pubblicare questo breve articolo, auspica perciò l’intervento dell’amministrazione comunale per avviare il recupero dell’antico orologio della torre campanaria di Santa Maria, e per esporlo in un idoneo spazio pubblico cittadino.

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