ALGHERO, ANNO 1582: Q. T. ANGELERIO, IL NOSTRO MEDICO EROE.

di Nino Monti

Il 2020 passerà alla storia come l’anno del Covid 19, la micidiale pandemia che ha contagiato e ucciso milioni di persone e devastato l’economia mondiale.

Comparso in Cina nella seconda metà del 2019, si è diffuso rapidamente in tutto il mondo grazie alle centinaia di migliaia di persone che ogni giorno, per ragioni di lavoro o turismo, si muovono in tutti gli angoli del pianeta.

Contrariamente a quanto successo nel 1918-1920 con la Spagnola, pandemia che causò la morte a quasi 50 milioni di persone, non ci sono stati, da parte dei governi, tentativi di minimizzare o nascondere la gravità del problema, fatta eccezione   per il governo cinese che ha certamente comunicato in ritardo la comparsa di questo agente patogeno. Un atteggiamento forse dovuto al ritardo nella individuazione e valutazione del suo potenziale distruttivo. Un argomento, questo, che ha dato origine a sospetti e polemiche infinite, in particolare col governo americano.

Com’è ovvio l’argomento è seguitissimo. Trasmissioni TV e giornali seguono quasi con ossessione l’evolversi della situazione attraverso in particolare con personaggi sconosciuti al grande pubblico che in brevissimo tempo sono diventati popolarissimi.

Ci riferiamo a figure professionali come virologi, epidemiologi, immunologi, scienziati ed esperti delle problematiche legate a questa pandemia.

In molti casi accompagnati da altri esperti in scienze statistiche che completavano informazioni di tipo medico-scientifico con numeri e grafici molto sofisticati.

Personaggi, come si diceva, popolarissimi: chi non conosce i nomi di Burioni, Zangrillo, Capua, Galli, Bassetti, Pregliasco e molti altri ancora. Per non parlare di alcune vere e proprie superstar internazionali come Antony Fauci, direttore del prestigioso National Institute of Allergy and Infectious Diseases americano che si è permesso di smentire e contestare commenti sulla pandemia del presidente Trump ritenuti non corretti.

Personaggi sempre presenti, di giorno e di notte, come magnificamente rappresentati da Giannelli in una vignetta del Corriere della Sera del 18 novembre 2020.

Da tutti parole di elogio per medici e infermieri, trattati come nuovi eroi moderni, accompagnati per contro, anche da critiche alla classe dirigente (politica e non) che raramente si è dimostrata all’altezza della gravità della situazione.

Anche Alghero ha avuto il suo eroe (una vera star planetaria se i mezzi di comunicazione di allora fossero stati quelli di oggi): un grande medico che la nostra città ha avuto modo di conoscere e utilizzare nel corso di un tragico momento della sua storia.

Si tratta di Quinto Tiberio Angelerio.

Per conoscerlo meglio dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Esattamente nel 1582 quando l’intera Europa fu devastata dalla peste.

 Nato a Belloforte (Regno di Napoli) nel 1532, Angelerio studia Fisiologia e Medicina a Napoli e Padova. Contrae matrimonio in Francica (Reggio Calabria) dove opera per 10 anni. Lascia la regione calabra, pare per problemi con la famiglia della moglie, e inizia un girovagare, esercitando sempre la professione di medico, che lo porteranno a Venezia, Pavia e Nizza.

Nel 1575 lo troviamo a Messina dove ha la possibilità di far conoscenza con gli effetti terribili dell’epidemia di peste che stava devastando le coste del Mediterraneo.

Nel 1582 la municipalità algherese lo assume, con un contratto biennale, per la bella cifra di 100 scudi l’anno.

 Erano, dal punto di vista economico, tempi molto buoni per Alghero, grazie ai crescenti traffici mercantili che favorivano le casse dell’erario.

Soldi ben spesi, perché non passò molto tempo perché Angelerio dimostrasse il suo grande valore professionale.

Il 19 novembre del 1582 venne chiamato al capezzale di una donna che manifestò subito i sintomi che lui aveva avuto modo di conoscere durante la sua permanenza a Messina nel 1578.

 La peste era arrivata anche ad Alghero.

Immediatamente informò le autorità cittadine e il vicerè affinché venissero prese tutte quelle iniziative utili a prevenire l’espansione della malattia.

Subito dopo il primo caso se ne verificarono molti altri sino a raggiungere nel 1583 (fine dell’epidemia) la catastrofica cifra di qualche migliaio di morti.

Non esistono certezze sul numero anche se è ragionevole pensare che almeno la metà della popolazione perse la vita.

Fortuna vuole che Angelerio, abbia raccontato questa tragica esperienza nella – Ectypa Pestilentis Status Algheriae – , una pubblicazione del 1588, di cui esiste una unica copia custodita nella Biblioteca Nazionale di Francia. Un resoconto medico-scientifico che lo ha giustamente reso celebre come grande medico e scienziato

Una vera fortuna, si diceva, perché oltre a documentare storicamente la tragedia vissuta più di 4 secoli fa dalla nostra città, ha curiosamente evidenziato, nella gestione della pandemia, una serie di procedure straordinariamente simili a quelle utilizzate oggi nel combattere il Covid 19.

Si iniziò con l’isolamento della città e a predisporre attorno ad essa tre cordoni sanitari che non consentivano entrate e soprattutto uscite di persone. Particolare interessante: il presidio era controllato da guardie armate. (Oggi la si classificherebbe zona rossa o con un colore ancora più deciso).

L’antico ospedale di via Cavour, oggi occupata dalla Società di Mutuo Soccorso

All’interno della città, la strada (il carrer de Sant’Antoni), oggi via Cavour, dove era ubicato l’ospedale che ospitava i malati di peste, fu eretto un muro che impediva agli abitanti di quell’area di spostarsi in altre zone (poche idee ma chiare, il contrario di quello che spesso viene lamentato oggi). Manco a dirlo anche l’ospedale fu presidiato da guardie armate.

Angelerio suggerì anche alle autorità locali il reperimento di due case abbastanza grandi e in posti isolati, per dividere gli appestati dai convalescenti (l’ Hotel Covid dei giorni nostri).

Per la prima volta nella storia della medicina, l’infaticabile Angelerio ideò la stufa a secco, utilizzando le alte temperature di un tipo  di forno utilizzato nella produzione di laterizi, per sterilizzare gli indumenti e gli utensili  di uso domestico (medico e geniaccio).

Altra disposizione resa obbligatoria in città: il divieto di aggirarsi per le strade, e solo una persona per famiglia, senza essere munita di una sorta di salvacondotto per recarsi a fare acquisti e comunque con l’obbligo di portare con se una canna lunga 6 palmi (circa 1,5 m.) per tenere a debita distanza qualunque altra persona.

In aggiunta al divieto di organizzare balli, feste e processioni. Unica, forte raccomandazione, non potendo vietare la frequentazione delle chiese, prestare la massima attenzione durante la messa.

Queste e molte altre le disposizioni suggerite alle autorità da Quinto Tiberio Angelerio che lettori interessati potranno trovare nel libro, edito nel 1989, dello storico algherese Tonino Budruni, Breve Storia di Alghero.

Provvedimenti, presi oltre 400 anni fa, che è difficile distinguere da quelli presi oggi. Una coincidenza straordinaria, così come straordinaria appare la figura di un personaggio che  ha unito il dovere civico di medico con quella non meno importante della competenza.

A questo punto si potrebbe supporre che Quinto Tiberio Angelerio godesse di una popolarità e consenso straordinario nella comunità algherese e zone limitrofe. Supposizione certamente vera se riferita alle fasce popolari e a tutti quelli che il doctor aveva curato e salvato. Meno entusiaste furono però le prime reazioni dei commercianti e imprenditori che capirono subito che l’arrivo della peste e il conseguente isolamento della città avrebbe bloccato chissà per quanto tempo i loro affari.

L’Angelerio fu da questi subito diffamato e oggetto di derisione e, giusto perché capisse il clima, destinatario di un tentativo di assassinio.

Fortunatamente non si arrivò a tanto.

Oggi, con il Covid 19 imperante, assistiamo alle molte e giuste lamentele di operatori economici, di donne e uomini che hanno perso il lavoro e di quanti hanno subito danni di vario tipo.

Una vita precaria per molti, lenita da provvedimenti che, se fosse stato possibile prendere allora, al buon Angelerio avrebbero reso la vita più tranquilla. Si tratta dei bonus e ristori vari erogati dal governo che certamente avrebbero avuto il consenso di quanti avevano tentato di sopprimerlo.

Maturato il biennio previsto nel contratto di assunzione, coinciso con la fine della peste, Q.T. Angelerio lascia Alghero per recarsi a Madrid dove esercitò la sua professione a contatto dei rinomati medici della Corte di Filippo II (1527-1598) e sua sorella, l’imperatrice d’Austria Maria (1528-1603).

Stimato e ossequiato, l’Angelerio continuò il proprio lavoro anche con il successore Filippo III.

Aveva più di 70 anni quando tornò a Napoli, la mai dimenticata sua terra, dove continuò ad esercitare la sua amata professione.

Morì nel 1617 alla bella età di 85 anni.

Alghero lo ricorda dedicandogli una via, purtroppo periferica e, a dirla tutta, non proprio di prestigio.

Non paragonabile minimamente a quanto dato durante la sua permanenza ad Alghero e all’insegnamento contenuto nella sua opera Ectypa Pestilentis Status Algheriae.

Un autentico riassunto di umanità e scienza, oggi presente nei tanti medici, infermieri e volontari che combattono contro un morbo pericoloso e subdolo.

Sono passati più di 400 anni, Alghero ha visto il passaggio di altre epidemie: La peste del 1652-1653, il colera del 1855, la Spagnola del 1918-1920 per arrivare al Covid 19 dei nostri giorni. Un evento nefasto che si è riproposto periodicamente e che non è da escludere che si possa ripresentare in futuro.

Chiudiamo comunque con un cenno d’ottimismo: Quinto Tiberio Angelerio, il nostro eroe, ha indicato la strada per combatterlo, le nuove tecnologie faranno il resto.

FONTI:
- Tonino Budruni: Breve Storia di Alghero dal 1478 al 1720.
-  Associazione Tholos: Ospedali di Alghero dal XVI al XX secolo
-  Giovanna Tilocca: Alghero, dal colera al Covid 19 (Storiedialghero.it)

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