LUIGI (Ginetto) ALFONSO, L’ARAGOSTAIO

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Ginetto sulla destra sceglie i giunchi per la nassa costruita da Andrea Silvestrini (noto Andreucciu Sabatè) vicino Angelo Artissuk (noto Angelo La Morena) membro dell’equipaggio

Chi ha conosciuto “Ciù Ginetto” lo ricorda come un uomo dal fisico asciutto, con il viso che evidenziava tutte le fatiche dei pescatori di una volta, i giorni e le notti passate in barca, d’inverno e d’estate, con il sole cocente e il freddo pungente dei venti salmastri.

Non meno “espressive” erano le mani forti e callose che raccontavano il  faticoso uso dei remi e le decine di migliaia di nasse calate in mare e poi salpate.

Luigi Alfonso, noto Ginetto (1909-1989), figlio di Antonio Raffaele pescatore, è stato uno degli aragostai più conosciuti in città. Come quasi tutti gli algheresi anche lui aveva un soprannome: il suo era “Suttil”.

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Ginetto in primo piano a bordo della sua seconda spagnoletta (Santa Rita) nel porto di Alghero insieme a Angelo Mura (noto Angelino La Pirumpella)

La sua base operativa per la pesca delle aragoste era Mont Girat (Porto Ferro), una delle due località assieme all’isola di Mal di Ventre ( Malu Entu, nome originale storpiato da un cartografo del passato) e alle altre posizionate nel golfo di Oristano che molti  pescatori algheresi frequentavano durante la stagione di pesca.

Ginetto pescava con le nasse che lui stesso costruiva nel lungo periodo invernale, lavoro che alternava con quello nei frantoi durante la stagione della raccolta delle olive.

Una sorta di doppio lavoro che tanti pescatori facevano per integrare i magri guadagni invernali della pesca.

A Porto Ferro gli equipaggi vivevano in baracche di legno, costruite da loro stessi, che offrivano un decente e comodo riparo lungo tutta la stagione di pesca.

La barca di Ginetto Alfonso (Madonna delle Grazieera una spagnoletta di circa 7 metri armata a vela latina, munita degli indispensabili remi e di un motore di 5 cv Arona.

Per la stagione delle aragoste l’equipaggio era formato da 5 persone: Ginetto (armatore e capobarca) e altri 4 marinai di cui uno rimaneva a terra per la costruzione e manutenzione delle nasse (Domenico Priami).

L’area di pesca della Madonna delle Grazie era tra Punta Cristallo e Punta Argentiera.

Era consuetudine tra pescatori che operavano tra Capo Caccia e Stintino rispettare una sorta di divisione  “territoriale” per evitare problemi tra loro.

I tempi di pesca a Porto Ferro iniziavano normalmente da metà marzo e chiudeva con la prima domenica di ottobre.

Ciascuna barca pescava con circa 100-120 nasse sui fondali di 80-100 metri mentre su quelli sotto costa (tra i 20-30 metri) si utilizzavano nasse più piccole unite tra di loro in numero di 16 (in algherese: un tonnu).

Le nasse venivano salpate giornalmente e dopo aver prelevato le aragoste catturate, si rimetteva l’esca e le si calava nuovamente in mare.

Racconta il figlio Pino che ha lavorato 8 anni con il padre prima di arruolarsi nella Guardia di Finanza:

“ ho iniziato a lavorare con mio padre a 13 anni e dopo pochissimi mesi di apprendistato sono diventato, a tutti gli effetti, un membro effettivo dell’equipaggio.

Naturalmente essendo il più giovane svolgevo anche altri compiti compreso quello di andare ad Alghero in bicicletta, normalmente ogni 2 giorni, per comprare provviste e l’esca per le nasse (si trattava in genere del cosiddetto pesce duro: sarrani, tracine, scorfani, etc.).

Il pescato veniva conservato in grosse nasse, dette Marruffi e Anciusa, che contenevano 100-150 kg  di aragoste e venivano posizionate in fondali sabbiosi non popolati da polpi per evitare che gli stessi  potessero banchettare gratis.

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I familiari dei pescatori in una rara foto sulla spiaggia di Porto Ferro

Più o meno con frequenza mensile ricevevamo la visita dei commercianti ai quali vendevamo le aragoste; ricordo i signori Baccanti e Scognamillo e i nomi delle loro barche Mariù, Maria Assunta e Polonia. Tutte le aragoste erano destinate a Marsiglia.

“Lus Cascionz”: 1935 casse utilizzate come vivai per le aragoste

Per l’equipaggio le occasioni per tornare ad Alghero erano limitate al giorno di Pasqua, Ferragosto, qualche festa comandata e  per fare gasolio; queste erano anche le occasioni per la ripartizione dei soldi.

Questa ripartizione seguiva un preciso metodo:

Il valore del pescato veniva diviso in otto parti: Una parte all’armatore, una parte al capo barca, i parte al motore, una parte all’attrezzatura, una parte a ciascuno dei quattro componenti.

Tutti i costi erano a carico dell’armatore ad eccezione del gasolio che veniva ripartito tra i cinque dell’equipaggio.

Un quarto della parte spettante all’armatore veniva data per metà all’uomo che costruiva le nasse quale riconoscimento per la maggiore professionalità e l’altra metà ai tre marinai escluso il capo barca.

Pino Alfonso a bordo della Santa Rita in partenza per la pesca di aragoste (foto di Raffaele Diana)

Sono passati più di cinquant’anni da quando Pino ha lasciato il lavoro di pescatore, fatto per circa otto anni, per arruolarsi nella Guardia di Finanza; tornato a vivere ad Alghero continua a seguire, da pensionato, il mondo che ha lasciato quando aveva vent’anni.

A lui abbiamo chiesto quali differenze ha riscontrato nella pesca dell’aragosta dai tempi di suo padre a quelli di oggi.

Le differenze sono notevoli, risponde Pino, allora si usavano le nasse che venivano posizionate sul punto di pesca all’inizio della stagione e salpate tutti i giorni mentre oggi si usano i tramagli (un tipo di rete) che spesso vengono lasciati per qualche giorno a mare (senza essere salpati) causando una perdita di parte del pescato.

Ai miei tempi le aragoste piccole venivano ributtate tutte in mare, oggi ho molti dubbi che ciò accada. Non sempre, ma anche le grosse aragoste con le uova venivano restituite al mare; c’era insomma un rispetto ambientale  che oggi a me sembra diminuito di molto.

Sul rispetto dell’ambiente Storiedialghero.it condivide pienamente i timori di Pino; in questi giorni è stata varata la normativa regionale sulla pesca del riccio di mare: una legge vergognosa che a livello politico locale non sembra abbia avuto le dovute reazioni.

Nino Monti collaborazione tecnica Carmelo Murgia

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