La torre scomparsa di Punta Giglio

di Roberto Barbieri

La profonda insenatura di Porto Conte, da un punto di vista nautico, è il luogo più riparato dell’intera costa della Sardegna occidentale. Protetta da tutti i venti, e in particolare dal temuto maestrale del Golfo del Leone, ha rappresentato, in passato come oggi, un ancoraggio sicuro per navi piccole e grandi. Era quindi ampiamente giustificato il toponimo di età classica Portus Nymphaearum per la placidità delle sue acque e per la presenza di foche e delfini, animali marini sempre collegati con l’immaginario e con la mitologia. Inoltre i Romani, come i Nuragici prima di loro, non erano certo indifferenti ai maestosi scenari offerti dalle rupi di Capo Caccia, di Punta del Giglio e dall’isola forata attraversata dal mare. Non erano certo indifferenti alle tante grotte che si aprono tra le scogliere, con misteriosi laghi interni e con preziose pozze di acqua dolce.

Capo Caccia (1899)

Porto Conte. Da millenni un rifugio sicuro, dove trovare acqua e selvaggina, e dove commerciare con le genti del luogo i preziosi metalli della Nurra (rame, argento,…) ed i prodotti agro pastorali.

Anche oggi questa rada protetta conserva il toponimo di Porto. Dopo la fondazione di Alghero, nel XIII secolo, la baia è stata di fatto, fino a tempi recentissimi, il vero porto della città, a cui era collegata, via terra, da una strada che superava la laguna e le paludi di Calich con un vecchio ponte di cui rimangono oggi le rovine.

Ma un porto così importante doveva essere protetto dal grave pericolo dei pirati, piaga perenne del Mediterraneo. Non a caso, in età antica, una diecina di nuraghi circondavano la baia, di cui almeno due erano posti sull’altura di Punta del Giglio (Monte Rudedu).

Molto dopo, nel 1500, con imperatore Carlo V, si decise di proteggere l’ingresso di Porto Conte realizzando una prima torre costiera. Antiche cronache la citano e datano l’inizio della sua costruzione al 1529. Sembra pertanto essere la più antica tra la dozzina di torri costiere antibarbaresche, edificate lungo la costa algherese tra Le Croci e Porto Ferro. Costruzioni che, tranne appunto la torre di Cap del Lliri, risalgono tutte alla seconda metà del 1500.

Le stesse antiche cronache ci dicono (da Sentinelle del Mare di Massimo Rassu) che la città di Alghero incaricò della costruzione il mastro Giovanni Pimanter, versandogli 600 ducati d’oro. Stante le continue scorrerie dei pirati nordafricani, era indispensabile vigilare giorno e notte sul possibile ingresso nella baia di Porto Conte di imbarcazioni nemiche, ed avere un contatto visivo continuo con le vedette poste sulle torri di Alghero. La torre aveva due uomini di guarnigione retribuiti dai pescatori algheresi.

Ma i documenti storici ci dicono anche che questa torre di avvistamento non era sufficiente a proteggere con efficacia questo tratto costiero. E infatti poco tempo dopo verranno costruite le ben più poderose torri del Tramariglio, di Capo Galera e Torre Nuova. A queste si aggiungeranno anche due torri più piccole: il Buru e la Pegna. Non c’è dubbio che per quasi tre secoli il sistema funzionò. Porto Conte è stato infatti uno dei pochi litorali sardi in cui i pirati non osarono mai sbarcare.

Oggi il promontorio che chiude a est la baia di Porto Conte è conosciuto come Punta del Giglio, ma in antico era considerato un vero e proprio capo, non diversamente da Capo Caccia. E’ probabile che il toponimo Lliri, derivi dal bianco giglio delle scogliere (Pancratium illyricum), o pancrazio della lontana Illiria (regione dell’Asia Minore). D’altronde, tra Punta del Giglio e Capo Caccia, ci sono toponimi dedicati al rosmarino, alla palma nana, alla sivina (il ginepro fenicio), alla tamerice… Ma è anche possibile che il giglio indichi la direzione nord della bussola di navigazione (che ha per simbolo proprio un giglio). Il navigante che intende risalire la costa occidentale della Sardegna in direzione di Porto Conte, dopo aver doppiato Capo Sandalo (l’estremità ovest dell’isola di San Pietro), deve navigare esattamente per nord, ovvero tenere il giglio in corrispondenza della linea di fede della bussola.

La torre di Cap del Lliri (Cabo Lirio in spagnolo) non era di facile accesso. Probabilmente un sentiero la raggiungeva partendo dalla spiaggetta della Bramassa, buon approdo per piccole imbarcazioni. E proprio la sua posizione scomoda e la successiva costruzione delle grandi torri di Porto Conte e di Capo Galera la resero quasi inutile. Probabilmente fu per lunghi periodi quasi abbandonata. Destino normale quando una struttura perde la sua funzione originaria. Anche molte torri della cinta muraria di Alghero, con il tempo, sono state modificate o sono state demolite. Stesso destino per la torre che presidiava la bocca della laguna del Calich e le antistanti saline oggi non esiste più. Menzionata in documenti del 1600, finì per essere abbandonata e crollare. Oggi sarebbe interessante ritrovarne i resti e magari appurare se avesse anche la funzione di mulino a vento per il sollevamento delle acque per le saline.

Alghero (1899)

Della torre scomparsa di Punta del Giglio si sapeva pertanto della sua esistenza, si sapeva che era piccola, e si sapeva che era stata demolita negli anni ’30 del secolo scorso, quando venne realizzata, in cima al promontorio, una importante base antinave della Regia Marina. Le strutture militari, ancora oggi ben conservate, vennero realizzate in cemento chiaro e pietra per mimetizzarsi il più possibile. E probabilmente la sagoma cilindrica della vecchia torre spagnola era troppo visibile dal mare e dal cielo. Motivo per cui venne demolita e le sue pietre sicuramente riutilizzate.

Ma dove era esattamente la torre?

Poteva essere sul punto più alto della falesia del promontorio, all’incirca dove oggi è presente la torretta militare che serviva da centrale di tiro, oppure poteva essere più in vista dell’ingresso di Porto Conte, verso ovest, dove ora ci sono i resti di piccolo edificio che ospitava il radar e gli apparati radio (tesi proposta dal già citato libro di M. Rassu).

Qualcuno ancora proponeva che fosse situata su Monte Rudedu, vicino ai nuraghi.

Anche i racconti degli anziani testimoni oculari erano vaghi su questo punto, e lasciavano di fatto aperte tutte le ipotesi.

Insomma, un piccolo mistero. Alcune antiche stampe la ritraevano (ad esempio i disegni di A. Lamarmora), ma senza chiarirne con certezza la posizione. E nonostante che fosse stata demolita solo da un’ottantina d’anni non era nota alcuna fotografia che fugasse i dubbi sulla sua collocazione. E’ vero che una carta militare delle strutture di Punta Giglio, la posizionava poco a sud dell’attuale centrale di tiro, ma, senza una foto, non ci poteva essere certezza definitiva.

Poi la sorpresa. Da una vecchia rivista salta finalmente fuori una fotografia in grado di chiarire i dubbi.

Andò più o meno così: tempo fa erano addetti all’archivio comunale algherese Baingio Tavera e Gianfranco Piras. Quest’ultimo si accorse che in un vecchio numero dell’Illustrazione Italiana, c’era una foto di Punta del Giglio con sopra la torre. Ma, come a volte avviene, la notizia e la riproduzione della foto, circolando tra i vari appassionati di storia locale, invece di chiarire i dubbi sembrava alimentarli. La foto sarà vera o sarà un fotomontaggio? La rivista originaria esiste davvero? E se esiste, che numero è? E di che anno? Si stava quasi creando un alone di leggenda sulla torre scomparsa e sulla strana foto che la ritraeva. Ognuno diceva la sua e si accavallavano opinioni diverse e contrastanti.

Parlando di questa storia con Maureddu Mulas, gli risposi che c’era una sola cosa da fare: procurarsi la rivista.

Non fu difficile. Una semplice e breve ricerca su Google e su Ebay diede i risultati sperati.

L’Illustrazione Italiana (10 dicembre 1899) frontespizio
L’Illustrazione Italiana (17 dicembre 1899) frontespizio

“L’Illustrazione Italiana” è stata una storica e importante rivista italiana, nata nel 1874, anticipando di alcuni anni altri famosi settimanali quali “La Tribuna Illustrata” (nata nel 1890) o la “Domenica del Corriere” (nata nel 1899). Veniva stampata a Milano dalla casa editrice dei Fratelli Treves.

In particolare Emilio Treves, di origini triestine, fu un editore illuminato, ed a lui si devono bellissime edizioni illustrate di argomenti scientifici, ma anche i grandi romanzi del verismo italiano, i romanzi di J. Verne ed i popolarissimi lavori di De Amicis, tra cui lo strappalacrime Cuore, che i Treves ristamparono decine di volte.

Per L’Illustrazione Italiana hanno scritto tutti i grandi autori italiani a iniziare da Carducci, Pirandello, La Deledda, D’Annunzio, Quasimodo, Montale,… La rivista, passata poi alla Garzanti a fine anni ’30 (i Treves erano ebrei,…), uscì regolarmente fino agli anni ’60, per poi soccombere alla televisione e ai rotocalchi moderni.

Ma torniamo alla ricerca della torre perduta di Cap del Lliri.

Su due numeri successivi de L’Illustrazione Italiana, (il numero 50 del 10 dicembre 1899 ed il numero 51 del 17 dicembre 1899) un lungo articolo a firma D. Ciampoli, raccontava, con enfasi tutta ottocentesca, di una sua avventurosa visita alla Grotta di Nettuno. La famosa grotta incantata di Alghero.

 

Ma più che il racconto della visita, sono le fotografie poste a corredo dell’articolo (autore delle foto il marchese Barisone) che rappresentano oggi preziosi documenti: si vede il promontorio di Capo Caccia, l’ingresso della Grotta di Nettuno con ben visibile una scaletta appoggiata agli scogli che serviva a facilitare lo sbarco dei visitatori, una foto di Alghero scattata all’uscita del porto con ben visibile il moletto di sopraflutto, che era in realtà poco più di una improvvisata barriera di massi. E infine, chiamata erroneamente Torre di Galera, la foto della nostra Torre di Cap del Lliri.

Ingresso della Grotta di Nettuno (1899)

Eccola qui la torre scomparsa, sottile e cilindrica, ancora in buono stato, e indubbiamente posta sul sommo del promontorio. Torre di avvistamento costruita proprio nel punto in cui sono facilmente visibili sia l’ingresso di Porto Conte sia, dalla parte opposta, Alghero.

Perciò la foto pubblicata nel dicembre 1899, a pochi giorni dallo scadere di un secolo, esiste davvero, è autentica, e rimuove tutti i possibili dubbi sulla collocazione della torre. E conferma anche il fatto che i marinai del secolo scorso, demolirono la vecchia torre costiera, ma in realtà per edificarne un’altra, più mimetica, e sempre a scopo di avvistamento. L’odierna torretta ospitava infatti i telemetri e gli altri strumenti per avvistare per tempo le navi nemiche e misurarne la distanza.

In realtà, guardando con attenzione la foto pubblicata nel 1899, la torre sembra posta poco a sud della centrale di tiro, proprio come indicato dalle carte militari.

Cabo Lliri visto da ovest con la torre antibarbaresca (1899)

Comunque succede spesso che si costruisca sul costruito del passato. In Sardegna, ad esempio, numerose torri, o fortificazioni o chiese, sono state realizzate su edifici preesistenti, quali nuraghi o templi nuragici.

Oggi Cap del Lliri, ovvero Punta del Giglio, è un luogo di suggestiva bellezza, ove la vecchia torre antibarbaresca ha lasciato spazio ai resti in pietra, ben integrati tra la vegetazione, delle strutture militari.

E tanta Storia è passata davanti a queste acque. Proprio qui si svolse la cruenta battaglia navale di Porto Conte (agosto 1353), che cambiò il destino di Alghero e dell’intera Sardegna in favore dei catalano-aragonesi. Di qui passò Carlo V, nell’ottobre 1541, con tutta la sua flotta da guerra pronta, ma senza successo, a fronteggiare i pirati.

Per secoli le navi dirette ad Alghero o a Porto Conte sono passate sotto a questo promontorio, sorvegliate dalle vedette della torre che oggi non c’è più.

Non posso non concludere questo scritto ricordando che questo bel promontorio, 500 ettari di sola natura posti all’interno di un Parco Regionale, è oggi minacciato da un progetto di antropizzazione. Apparentemente poca cosa: un piccolo albergo e ristorante. Ma antropizzare un territorio vergine è sempre un rischio, e porta sempre un degrado ambientale ed un pericolo per la fauna selvatica e per la flora. In questo caso, nel rapporto costi/benefici, o nel rapporto tutela/valorizzazione, il rischio di un irreversibile danno ambientale, appare molto elevato. Se una volta il destino dei luoghi era deciso dai Re e dai loro solerti funzionari, oggi questi stessi destini devono essere decisi dalle comunità che li abitano.

Punta del Giglio è un luogo che appartiene alla natura e alla storia e deve rimanere fruibile a tutti, sia pure con numeri controllati e con regole di comportamento. La natura e la storia unica di Cap del Lliri devono essere un museo a cielo aperto, senza mai perdere il fascino dei suoi silenzi e dei suoi paesaggi marini.

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