L’incredibile storia di William Martin

di Roberto Barbieri

Alla fine del film Il mostro di Roma, il grande Nino Manfredi (uomo qualunque ingiustamente accusato di crimini orrendi, ma poi prosciolto), si vanta con i passanti che incontra per le strade della capitale di essere “stato qualcuno”, di essere stato nientemeno che “er mostro de Roma”.
Capita cioè, a volte, che persone del tutto anonime, per strane coincidenze, finiscano per diventare famose ed entrare di diritto nella grande Storia.
In questa vicenda, siamo nel mezzo della seconda guerra mondiale, il sig. William Martin, maggiore della marina inglese, divenne decisamente famoso. Sulla sua strategica missione di guerra discussero Churchill ed Eisenhower, il suo curriculum venne esaminato con grande attenzione da Hitler in persona, fece venire il mal di testa ai servizi segreti tedeschi e spagnoli, e riuscì infine a modificare alcuni eventi decisivi della seconda guerra mondiale nel Mediterraneo, Sardegna compresa. Su di lui sono stati scritti vari libri e girato almeno un film (regia di Ronald Neame, 1956). La sua missione di guerra fu impeccabile, anche se non riuscì a tornare in patria. E’ infatti sepolto a Huelva, nel sud della Spagna.
Però c’è un dettaglio: il sig. William Martin non è mai esistito.

Una scena del film L’UOMO CHE NON E’ MAI ESISTITO, il corpo e la valigetta con i documenti autenticamente falsi.

Per quanto strana è una storia del tutto reale, anche se sembra uscita dalla penna di Agatha Christie o dalla moviola di Alfred Hitchcock.
Verso la fine del 1942, un giovane gallese, colto probabilmente da una crisi depressiva, si toglie la vita ingerendo del veleno per topi e finisce disteso in un obitorio a Londra.
Alcuni mesi dopo (nell’aprile del 1943), quello stesso morto partecipa fisicamente ad una missione bellica segreta della massima importanza e diventa un eroe di guerra salvando la vita a centinaia, e forse migliaia, di soldati anglo americani impegnati nella conquista della Sicilia.

Tomba di William Martin

All’inizio del 1943 la seconda guerra mondiale è ad un punto di svolta. Sul fronte orientale le armate tedesche sono in grave difficoltà, mentre, nel Mediterraneo, l’esercito degli alleati ha ormai il controllo dell’intera costa del nord Africa. In gennaio, a Casablanca, inglesi ed americani discutono su dove aprire un fronte occidentale per iniziare l’invasione dell’Europa continentale. Sulle coste francesi è prematuro. Si pensa alla Sicilia (il luogo più ovvio data la sua vicinanza con Malta e con la Tunisia), ma si pensa anche alla Sardegna ed alla Grecia. Sull’idea di uno sbarco in Sardegna si discute a lungo e si progetta l’operazione sul piano militare (operazione Brimstone, ovvero “Zolfo”). I vantaggi sono: una conquista che si prevede non difficile e la possibilità di usufruire (occupata anche la Corsica) di buone basi per il decollo degli aerei verso l’Italia e la Francia. Inglesi ed americani hanno idee diverse sul definitivo luogo di sbarco. Ma, dopo incertezze e ripensamenti, si decide (2/3 mesi dopo) per la costa sud orientale della Sicilia.

Ed è a questo punto che gli efficientissimi servizi segreti inglesi hanno un’idea quasi folle che si propone di depistare i tedeschi, cercando di convincerli che la Sicilia è, in realtà, un falso obbiettivo, mentre i veri sbarchi avverranno in Sardegna ed in Grecia. Tutto questo per costringere i tedeschi a rinforzare le difese in Sardegna, in Grecia e nella Sicilia nord occidentale, alleggerendo di soldati ed armi il vero luogo dello sbarco. Ed è proprio quello che avverrà.
Il piano è questo: trovare il cadavere di un uomo compatibile con una possibile morte da annegamento, vestirlo da ufficiale dei Royal Marines inglesi, legargli al polso una valigetta di documenti segretissimi e di grande importanza strategica, ovviamente falsi ma verosimili, ed infine far si che cadavere e documenti finiscano “casualmente” in mano tedesca. L’operazione venne chiamata Mincemeat.
Per avere qualche possibilità di riuscita, questo piano quasi folle, doveva essere curato nei minimi dettagli. E così fu fatto. Il cadavere assunse una nuova identità, e per così dire “una vita reale. Gli venne conferito il grado di maggiore della Marina, gli si costruì un passato, una vita privata e sociale, una fidanzata (Pamela) e soprattutto gli si diede un nome: William Martin.
E fu così che, a fine aprile del ’43, il Maggiore William Martin, vestito con la divisa militare e con la valigetta di documenti importantissimi al polso, autenticamente falsi, lasciò l’obitorio e partì per la guerra.
Infilato in un grosso cilindro stagno con ghiaccio secco, il cadavere fu imbarcato in un sottomarino inglese e trasportato poco al largo di Huelva, nel sud della Spagna sull’oceano Atlantico. Tutto era stato calcolato: tempi, correnti marine, affinché gli spagnoli, amici dei tedeschi, ritrovassero il cadavere e fossero indotti a pensare ad un vero ufficiale inglese precipitato in mare con un aereo e rimasto in acqua più giorni.
L’inganno riesce. Gli spagnoli avvisano un agente tedesco che fotocopia con precisione teutonica i documenti e li trasmette con solerzia a Berlino.

Locandina del film

A metà maggio i documenti sono sulla scrivania di Hitler. Tra le carte ci sono anche un paio di false lettere che accennano ad una bella arrostita di “sardine” insieme ad un velato accenno ad uno sbarco in Grecia. I servizi segreti tedeschi a Londra, dopo varie indagini, confermano la “reale” esistenza di un ufficiale dei Royal Marines a nome William Martin. E questa volta anche l’astuto intuito dell’ex imbianchino austriaco fa cilecca, ed Hitler cade in pieno nel tranello.
Proprio in quelle stesse ore, nella notte del 17 maggio, Alghero viene bombardata. Ci saranno oltre cento morti. In quei mesi, i bombardamenti aerei sulle città sarde e su obiettivi civili, avevano non solo il compito di fiaccare il morale della popolazione, ma probabilmente anche quello di rendere credibile un possibile sbarco sulle coste dell’isola. Si spiegano così i tanti fortini e le varie linee di difesa costiera intorno alle spiagge sarde e nel territorio di Alghero in particolare, ove sono presenti oltre 600 costruzioni militari (fortini in calcestruzzo, tobruk, casematte,…). E si spiega la presenza in Sardegna di una divisione corazzata tedesca pronta a contrastare uno sbarco degli alleati.
Posti su tre linee di difesa (sul mare, dietro le spiagge e lungo le strade di penetrazione) i fortini erano inquietanti sentinelle in attesa di uno sbarco che non avvenne. Ma non è difficile immaginare come, tra aprile e luglio di quell’anno, i soldati di guardia si aspettassero l’incubo di vedere l’orizzonte riempirsi di navi. E si aspettassero i bombardamenti, l’arrivo dei mezzi anfibi, e la morte dentro quelle trappole di cemento.

Fortino presso Carrabufas

Ogni giorno poteva essere l’ultimo. Le centinaia di fortini disseminati lungo la costa potevano diventare altrettante tombe.
Ma nulla accadde. Il maggiore William Martin aveva portato a termine in maniera impeccabile la missione che gli era stata assegnata.
Il 10 luglio le forze anglo americane sbarcheranno nel sud est della Sicilia. Grazie anche ad accordi con la mafia italo americana, la difesa italiana fu quasi nulla e le navi italiane non si mossero. Colta di sorpresa, la difesa tedesca, per quanto tenace, venne travolta in pochi giorni.
Intanto in Sardegna l’estate del ’43 passò silenziosa e, dopo l’8 settembre, grazie ad uno strano accordo tra i comandanti italiano e tedesco delle rispettive forze militari nell’isola, l’intera divisione corazzata tedesca si spostò indisturbata in Corsica.
E fu così che un giovane gallese, suicida forse perché sentiva l’inutilità della propria vita, diventò a sua insaputa un eroe di guerra. La sua tomba è da allora nel cimitero di Huelva, sepolto con tutti gli onori, e, in un gioco tra finzione e realtà degno di Kafka o di Pirandello, anche l’epitaffio sul marmo è un po’ vero ed un po’ inventato.

Tomba di William Martin

E’ difficile sapere cosa sarebbe successo della Sardegna se fosse stata travolta dall’operazione Brimstone, ma sicuramente ci sarebbero stati tanti morti, sia tra i militari che tra i civili, e tante sofferenze.
In Sicilia si stima che l’inganno compiuto dal maggiore Martin abbia salvato centinaia di vite tra i soldati alleati.

Lungo le coste algheresi rimangono, perfettamente conservati, i tanti fortini in cemento. I loro occhi neri e rettangolari guardano ancora verso l’orizzonte. Fanno compagnia alle torri che, in un’altra epoca vigilavano sulle incursioni dei pirati barbareschi. Intatti, nelle loro corazze di buon ferro e cemento, sono pronti a raccontare ai nostri ragazzi ed ai turisti le loro storie.

William Martin

William Martin
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William Martin
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William Martin
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William Martin
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William Martin
William Martin
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