Caccia a las Baldissas

di Sardonicus

Aveva luogo il giorno o i giorni più freddi dell’anno, quando gli uccelli, ed anche i merli, tendono a rifugiarsi delle siepi e hanno i riflessi più lenti. Nell’anno della neve, il 1956,  fu infatti possibile catturare gli uccelli affamati ed infreddoliti con le mani!
Si partiva in non più di quattro o cinque con i soli “Tiralastic a dirals” e qualche pietra ben scelta. I più professionali usavano le famose “cambas di Pasquali”, ben più letali di quelle fatte con la gomma delle camere d’aria rosse delle biciclette. Fortunatamente per gli uccelli quelle delle camere d’aria odierne sono inutilizzabili e Pasquali ha chiuso da anni il suo negozio.
Si iniziava a cacciare lungo le siepi che dividevano gli oliveti passando due da una parte e due dall’altra. Si cercava di immobilizzare il merlo dentro la siepe e non appena si vedeva veniva colpito con la fionda. L’esercizio richiedeva una grande conoscenza del comportamento dell’animale, il significato dei suoi chiocciolii, l’individuazione rapida delle vie di fuga che dovevano essere coperte allargando le braccia. Il pericolo del fuoco amico era sempre presente, non bisogna mai dimenticare che i cacciatori erano ai due lati della siepe.
Il tutto era sempre molto concitato e non mancavano le istruzioni contraddittorie. Solo i più abili erano ammessi e potei partecipare solo una volta come “osservatore”.
Le cacce erano una preziosa occasione per un esame degli alberi da frutta sparsi negli oliveti ed avventate valutazioni della produzione futura.
Tutte le prede erano religiosamente consumate e ciò giustificava una caccia non più ammissibile: comunque non ci sono più siepi e i merli si sono rifugiati in città, dove i ragazzini sono più interessati ai cellulari. Y bonanit a las baldissas!

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