CHI L’HA VISTO?

La scomparsa del riccio di mare

di Nino Monti

Prima o poi del riccio di mare se ne parlerà nella celebre trasmissione di Rai 3, in ragione del fatto che è praticamente scomparso in molte parti delle coste della Sardegna. Storie di Alghero ne scrive da tre anni, denunciando questo vero e proprio disastro ambientale, dovuto, sia chiaro, a una precisa e colpevole responsabilità della classe politica regionale.

Le cause di questo misfatto sono sostanzialmente due: la prima riguarda l’esagerata ampiezza dei periodi di pesca (dal 15 novembre al 15 aprile), operando un vero e proprio stravolgimento della tradizione che ne limitava il consumo solo per un paio di mesi (in genere da fine dicembre a fine febbraio), e avendo cura di mantenere quindi un perfetto equilibrio tra “produzione” e consumi. La seconda ragione è la possibilità di conservare la polpa in vasetto che ne ha enormemente aumentato i consumi nelle famiglie, nei ristoranti e, orrore, nelle pizzerie dove vengono proposte “pizze ai ricci” che l’Associazione Mondiale dei Gourmet ha definito “un utilizzo da galera”.

In passato, prima che la Regione Sardegna mettesse mano alla regolamentazione della pesca, questa era effettuata liberamente dai pescatori professionisti e occasionalmente da persone comuni; un’antica tradizione popolare utile per passare qualche bella giornata invernale con familiari ed amici, preferibilmente in riva al mare, armati solo di focaccia e buon vino.

La pesca, effettuata quasi esclusivamente col bel tempo (normalmente a fine settimana), era giustamente dimensionata al potenziale della vendita che veniva praticata nelle vicinanze del porto, punto di ritrovo per i molti cittadini che aspettavano fiduciosi di fare i loro acquisti; La cosa che ha stravolto questo equilibrio è stata la possibilità di conservare e mettere in commercio, praticamente senza controlli, la polpa in vasetto.

In buona sostanza, mentre prima la quantità e i tempi di pesca erano fortemente condizionati dalla presenza o meno di belle giornate, oggi il riferimento è rappresentato da quanti vasetti si possono riempire e vendere, anche in condizioni di tempo brutto.

Ormai i termini della questione sono estremamente chiari: sino a quando la legge regionale non proibirà l’uso del vasetto, non fisserà drastiche rotazioni nelle aree di pesca e non limiterà i tempi di raccolta, sarà impossibile eliminare la devastazione in atto lungo le coste, né basteranno i pur numerosi controlli della Guardia costiera per sanzionare i cosiddetti “pirati del mare” che violano la legge.

È utile ricordare il numero sempre crescente di multe erogate in molte parti della Sardegna per pesca abusiva e il clamoroso sequestro in Alghero di ben 32 chili di polpa di ricci, confezionati in 112 vasetti, ad opera di alcuni cittadini campani in trasferta in Sardegna.

Una situazione insostenibile che sembra non turbare i pensieri del responsabile regionale, il famigerato Attila, che nella campagna 2017-2018 ha addirittura prorogato la pesca sino al 1° maggio, gettando nel panico i molti che, conoscendo il lugubre personaggio, temono per il 2019 la proroga sino a ferragosto.

Fortunatamente c’è ancora qualcuno che sembra non aver perso completamente la testa; hanno iniziato a protestare gli abitanti di Oristano che si sono visti depredare il loro mare dai pescatori provenienti dal sud dell’isola e, molto timidamente, da qualche associazione ambientalista.

In Alghero le cose non vanno meglio: in zone, una volta ricchissime di questi prelibati frutti di mare (isolotto della Maddalenetta, e l’intera costa da Las Tronas a Burantì), il riccio è praticamente sparito come testimonia un filmato prodotto da Storie di Alghero.

È notizia di questi giorni la presa di posizione dei buongustai cagliaritani che all’insegna “ricci? No grazie” rinunciano all’acquisto per cercare di porre fine a questo disastro ambientale.

È una iniziativa che molti stanno seguendo a titolo personale, ben consapevoli inoltre dei pericoli di tipo sanitario che il contenuto del vasetto “fai da te” può comportare.

Tutto questo nell’assordate silenzio della classe politica regionale (e dintorni).

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