Escursione con la “Francesca”

Escursione con la M/B “Francesca”

di Gavino Delrio (Pirichittu)

Gavino Delrio

La M/b “Francesca” barca storica, adibita alla Pesca e Turismo. Comandante Giuseppe Alfonso (valliana), Motorista Ceravola Mario, marinaio (chiacchierone) Delrio Gavino (pirichittu).

Armatore: Cooperativa Pescatori e Capi Barca – Alghero.

“Una ciaciarara a mas lus Turistas che son presenz al barco M/b “Francesca”.

Dal momento che la M/b Francesca, alla guida del Comandante Alfonso Giuseppe molla gli ormeggi del porto di Alghero e dolcemente naviga lungo la costa della Riviera del Corallo, il marinaio ”chiacchierone” illustra ai passeggeri presenti a bordo notizie Storiche e Turistiche della città di Alghero, evidenziando i paesaggi che si notano, man mano, lungo la navigazione adiacente alla costa, in modo che i Turisti per un giorno, siano parte integrante della cultura Algherese, come un gruppo di amici che si ritrovano per trascorrere una escursione insieme al mare.

Cenni storici, la città:

L’origine della città di Alghero, come città organizzata, è tradizionalmente datata intorno al 1102 per opera di una nobile e potente famiglia genovese, i Doria. I Genovesi, sbarcati ad Alghero, hanno realizzato un piccolo approdo, hanno costruito strade ciottolose (las ginquettas) e palazziche ancora oggi sono un grande patrimonio culturale. Nel 1283 sono arrivati in città i Pisani “a seguito di una rappresaglia preparata dalle milizie Pisane, nella lunga e sanguinosa disputa tra la Repubblica marinara Toscana e la Repubblica marinara Ligure”. Durante l’egemonia dei Genovesi e Pisani (1102 – 1353) la città di Alghero è diventata una roccaforte militare del Mediterraneo. In Sardegna erano in quel periodo presenti vari Ducati e le Signorie.

I principali Ducati furono: Ducato di Torres (Sassari), Eleonora d’Arborea (Oristano), Ducato di Kalaris (Cagliari). Quando era presente qualche signore nobile, pretendeva una parte di territorio per costruirsi il suo castello indipendente. Tali Ducati a volte collaboravano tra loro, ma spesso, per motivi economici e di dominio territoriale litigavano, eliminandosi tra di loro e di conseguenza abbandonando il controllo delle coste Sarde. L’ultimo Ducato rimasto in Sardegna è stato quello di Eleonora d’Arborea (Oristano). La mancata tutela delle coste da parte dei Ducati ha favorito l’arrivo in Sardegna dei Pirati dall’Africa, i Mori, ch’erano popolazioni Musulmane. Nel 1350 a Roma, in Vaticano governava Papa Bonifacio VIII, uomo poco cattolico, addetto alle conquiste militari.

Essendo la Sardegna cattolica e la Spagna cattolica, il Papa Bonifacio VIII, emanò un concordato per favorire l’intervento militare dei Catalani Aragonesi in Sardegna ed in Corsica, per verificare la presenza dei Musulmani e liberare le isole dall’occupazione dei Mori. Il Re Pietro IV, detto il Cerimonioso, Catalano, grande stratega dell’espansione mediterranea della Corona Catalano- Aragonese, si rese conto dell’importanza della Roccaforte dei Doria, si mosse con grande determinazione per conquistare Alghero.

Nell’agosto 1353, in un’epica battaglia navale combattuta al largo della Baia di Porto Conte, le flotte degli Aragonesi e dei Veneziani, alleate, forti di sessanta legni, si scontrarono con quella Genovese. I Genovesi in quell’occasione subirono una disastrosa sconfitta. Alghero, alleata dai Pisani, fu costretta ad arrendersi all’Ammiraglio catalano Bernart de Cabrera che introdusse, per la prima volta nella storia cittadina, il vessillo aragonese, con quattro barre rosse verticali in campo oro.

Alghero divenne una roccaforte Catalano-Aragonese per oltre 400 anni, sotto il protettorato della Corona d’Aragona. I Catalani una volta occupata Alghero (attuale centro storico), imposero agli abitanti della città le loro leggi, usanze e costumi, obbligandoli a parlare il Catalano. È stata quindi creata la bandiera della città di Alghero con bande rosse e gialle, simile a quella della città di Barcellona. I Catalani avviarono la costruzione della fortezza cittadina, costruendo le muraglie. n. 8 torri che sono ancora oggi esistenti: Torre San Giacomo, Sulis, San Giovanni, Porta Terra, Garibaldi, La Madonnina (Sant’Elm), Torre della Polveriera e la Torretta del Faro. A fine Cinquecento vennero anche costruite varie torri lungo la costa: Torre del Lazzaretto, del Faro (Torre Nuova), Tramariglio, Torre del Bollo, la Pegna, Torre del Porticciolo, ed a Porto Ferro, come difesa anti barbaresca e dominio della loro conquista militare della costa.

Fra i Catalani giunti in città, c’erano molti Catalani di origine ebrea, che furono i maggiori artefici utili per costruire le muraglie e le torri.

Nel 1541 venne ad Alghero il Re di Spagna Carlo V, non era in visita di cortesia, ma in transito con la sua flotta navale, diretto in Africa per occupare Algeri. Soggiornò in città solo due giorni, Il Re Carlo V entrò in città dal Portale sito nei bastioni, tra la Torre Sant’Elmo e la Torre della “polveriera”, attuale ingresso al complesso Santa Chiara. Carlo V con la sua flotta navale, effettuò una navigazione tranquilla in rapporto alle probabili condizioni meteo marine, seguendo le eventuali perturbazioni di maestrale. Di norma le perturbazioni marine di maestrale iniziano la loro attività ciclonica dal Golfo di Guascogna Golfo del Leone, costeggiano le Isole Baleari, la Corsica e raggiungono la Sardegna con molto impeto.

Pertanto se la sua flotta veniva investita dai venti di maestrale, avrebbe navigato tranquillamente in poppa. Quando la perturbazione (ambat) di maestrale arriva a Capo Caccia, nel giro di un’ora, il mare si agita velocemente che da calmo arriva a forza 5/7. Anche ai Turisti a bordo sulla Francesca, ogni tanto, pur navigando tranquillamente, in sicurezza nel Golfo di Alghero, capita che una volta giunti a Capo Caccia (Frontuni), non sia possibile navigare oltre, e raggiungere l’isola Foradada, perché davanti al costone di Capo Caccia a volte arrivano onde alte vari metri, causate dai marosi del Maestrale. Il Re Carlo V soggiornò ad Alghero una sola notte, presso la Casa d’Albis, antico palazzo della nobile casara catalana dei De Ferrerà in Piazza Civica. La notte i militari Catalani effettuarono in Piazza Civica una “corrida”, uccidendo buoi, maiali con frecce incendiarie. L’indomani mattina quando Carlo V si svegliò, dal balcone salutò i cittadini presenti in Piazza Civica e li nominò tutti “caballeros – cavalieri “. Carlo V poi partì con la sua flotta, navigando lungo la costa sud Sarda per recarsi in Africa. I Catalani, 50 anni dopo la conquista di Alghero, effettuarono un’altra spedizione militare nella parte meridionale della Sardegna, sempre per contrastare le scorrerie dei musulmani lungo la costa Sarda. I Catalani, da Cagliari effettuarono una avanzata militare verso il Nord dell’isola. Giunti al centro della Sardegna, nella piana del Campidano, dovettero affrontare una grande battaglia militare contro i Pirati musulmani. I Catalani essendo più numerosi (n. 17.000 uomini, contro n. 7/9.000i Pirati) e meglio organizzati militarmente, vinsero la battaglia ed in un territorio circoscritto, trovarono 4 teste di uomini decapitati con una benda che copriva gli occhi, considerarono essere le teste dei Capi Tribù o Re dei Mori.

A seguito i Catalani edificarono novanta torri intorno alla costa Sarda, evidenziando il dominio Catalano. Nel 1386 lo stemma dei quattro mori comparve per la prima volta come simbolo della Sardegna per opera di Mariano IV, che cercò di unificare tutta l’isola, da Sud a Nord, per cacciare i Pirati Musulmani. Mariano IV mori improvvisamente, forse per la peste malarica oppure ucciso da una giovane Sarda di Sanluri. Alla morte di Mariano IV, Eleonora d’Arborea, ultimo Ducato esistente in Sardegna, stipula la pace con Giovanni, il Cacciatore Re d’Aragona, che annulla tutte le grandi, smaglianti vittorie e conquiste territoriali di Mariano IV e riporta il Giudicato d’Arborea ai suoi confini di una volta.     Nel 17mo secolo, periodo di supremazia catalana in Sardegna risale un Codice nel quale, per la prima volta, viene associato in seguito al Regno di Sardegna l’emblema dei quattro mori.

La bandiera sarda

I Catalani durante l’occupazione della Roccaforte di Alghero nel 1353 avevano portato fra i loro simboli anche un drappo bianco con una croce rossa, che indicava lo stemma di uno straordinario Cavaliere San Giorgio, in quanto nel 1096 aveva lottato per liberare la Spagna dai Pirati.

Al vessillo di San Giorgio, dopo la battaglia effettuata nel centro della Sardegna contro i pirati, nella parte dello scudo bianco, con la croce dei crociati, hanno disegnato in seguito quattro teste bendate, da Mariano IV. In seguito a quella vittoria equestre il Re di Spagna ha assunto anche il titolo di Marchese di Oristano. Tale notizia si è appresa recentemente con l’incoronazione di Filippo VI, Re di Spagna. Oggi lo stemma dei Quattro Mori è conservato a Bruxelles, dove si trovano tutti gli stemmi dei principali Regni Europei ed è noto come lo “stemmario di Gelre” dal soprannome di Claes Heines, il suo Autore.

Il Presidente della Repubblica Italiana emanò un Decreto il 05 luglio 1952 che sanciva come simbolo della Regione autonoma della Sardegna la bandiera dei quattro mori.

L’11 settembre 1714 Barcellona si arrende alle truppe Franco-Spagnole e rinuncia alla Corona d’Aragona. Tutti i territori Continentali conquistati dai Catalani, furono governati direttamente da Madrid, mentre quelli insulari furono divisi fra i vincitori. Nel 1720 il Regno di Sardegna venne assegnato alla Famiglia Savoia. La Famiglia Savoia, a seguito dell’occupazione del Piemonte (1799) da parte delle truppe Francesi si trasferì in Sardegna a Cagliari. Più tardi, nel secolo scorso, il re soggiornò più volte anche ad Alghero, presso la Villa Sant’Elia ad Alghero. Il Conte Sant’Elia era il Maggiordomo della Casa Savoia e confidente della Regina Margherita.

Las Tronas
Las Tronas

Il Presidente della Repubblica Italiana emanò un Decreto il 05 luglio 1952 che sanciva come simbolo della Regione autonoma della Sardegna la bandiera dei quattro mori.

L’11 settembre 1714 Barcellona si arrende alle truppe Franco-Spagnole e rinuncia alla Corona d’Aragona. Tutti i territori Continentali conquistati dai Catalani, furono governati direttamente da Madrid, mentre quelli insulari furono divisi fra i vincitori. Nel 1720 il Regno di Sardegna venne assegnato alla Famiglia Savoia. La Famiglia Savoia, a seguito dell’occupazione del Piemonte (1799) da parte delle truppe Francesi si trasferì in Sardegna a Cagliari. Più tardi, nel secolo scorso, il re soggiornò più volte anche ad Alghero, presso la Villa Sant’Elia ad Alghero. Il Conte Sant’Elia era il Maggiordomo della Casa Savoia e confidente della Regina Margherita.

Dopo il 1720 i documenti ufficiali non vengono più scritti in lingua catalana, In seguito l’archivista delle Corte d’Aragona Pillito, scriveva al filologo Manuel Milà i Fontanals che il Catalano ad Alghero non si scriveva più, ma che ancora era parlato dagli abitanti.

Reincontro Alghero-Catalogna

Ricordo l’amico e Giornalista Pera Català, che durante i sui soggiorni ad Alghero, dal 1955 in poi, frequentava i pescatori locali, in particolar modo i fratelli Delrio, Frulio e Alfonso (grandi famiglie marinare), perché desiderava conoscere sempre più le usanze dei marinai algheresi. Pera Català saltuariamente effettuava escursioni di pesca con la M/b “SS. Vergine del Rimedio”, Comandante Antonio Fortunato noto “Ferruvecciu”, Armatore Delrio Giovanni (pirichittu). Gustava con piacere la zuppa di pesce (cassora), cucinata a bordo, al mattino dai pescatori, dopo l’attività di pesca notturna. Anch’io ero imbarcato come “mozzo”.

Nel 1960, grazie all’impegno professionale di Pera Català, ed altre personalità culturali, avviene il reincontro. I fratelli Catalani giunsero ad Alghero “Pais de origine catalana” con la nave Conte Biancamano.

Ci furono tre giorni di festa. La nave, causa i bassi fondali e per mancanza di un porto adeguato rimase ancorata al largo del molo di sopra flutto ed i passeggeri raggiungevano la città con la collaborazione dei pescatori, che con le loro barche da pesca, effettuavano il trasbordo. Da quel reincontro con i Catalani, ad Alghero sono state rispolverate le scritture catalane, incrementata la lingua catalana, sono nate le Associazioni Culturali che, recuperando la validità del Titolo di “Caballeros” concesso Carlo V, fu utile per riorganizzare i rapporti Socio Culturali con la Catalogna.        Da quel Reincontro con i Catalani, su proposta del Vescovo di Barcellona al Vaticano, ogni giorno festivo, ad Alghero nel Santuario della Madonna di Valverde e nella Chiesa di S. Francesco si celebra la SS. Messa in Catalano.

Cenni Ambientali

Il mare della Sardegna piace ai turisti perché le coste Sarde presentano angoli e caratteristiche del territorio diversi tra loro e sempre molto suggestivi. In particolare Alghero ha avuto in dono naturale: un mare meraviglioso con delle coste bellissime, con le falesie di Punta Giglio,

Capo Caccia ed Isola Piana che fanno sempre innamorare il turista di passaggio nel nostro territorio. Al di sotto delle falesie i subacquei locali, nazionali ed internazionali hanno scoperto tantissime grotte, ricche di coralli, margherite di mare, spugne, stalattiti, stalagmiti, (le stallatiti e stalagmiti crescono n.1 cm. ogni 100 anni), tante specie di pesci ed anche la presenza di antichi fossili di animali. Alcune grotte, durante la fine dell’ultima era glaciale, sono state abitate dall’uomo primitivo, perché il livello del mare era circa 10 metri più basso di quello attuale ed in tutte le grotte esiste uno stillicidio di acqua dolce, calcarea, utile per la sopravvivenza umana.

La Spiaggia

La lunga spiaggia, da Alghero a Fertilia è composta di una sabbia bianca finissima. Ogni tanto durante la stagione turistica, nella sabbia si osserva la presenza delle foglie della posidonia, pianta acquatica, che, in mare è un ottimo “habitat” per la riproduzione dei pesci. Le posidonie spiaggiate, durante la stagione estiva, vengono raccolte ogni giorno. Mi raccontava una volta un vecchio pescatore, che nel nostro mare la presenza delle posidonie, sono utili perché nei mesi invernali costituiscono la “coperta della spiaggia”, cioè una barriera naturale protettiva. Quando il mare è mosso le onde si abbattono sulla spiaggia con violenza, se trovano le alghe le portano via, se invece la spiaggia è pulita le onde si portano via la sabbia, creando un enorme danno ecologico ed ambientale. Pertanto dobbiamo imparare a sopportare la graduale presenza delle foglie spiaggiate. Una volta gli agricoltori prelevavano con i carri le alghe invernali e le portavano nei loro territori per usarle come concime, oggi invece questi cumuli vegetali sono considerati rifiuti speciali e non si possono toccare. Alcuni tecnici stanno studiando ed analizzando le posidonie o alghe, per verificare se esiste la possibilità di trasformarle in cosmetici, fanghi terapeutici o concimi utili all’agricoltura. Dalle alghe ha preso il nome la città: Alghero in Italiano ed Alguer in Catalano.

Pineta di Maria Pia. Dal mare, costeggiando, si notano dune sormontate da ginepri e pini domestici. La pineta porta il nome di Maria Pia in nome di una principessa di Casa Savoia. Come già detto, da 1720 la Sardegna era parte del Regno di Sardegna di Casa Savoia. I Savoia, al loro tempo, pur residenti a Torino, frequentarono la città di Alghero. Durante le loro vacanze in città alloggiavano alla Villa Sant’Elia (oggi Hotel Las Tronas). Allora il proprietario della villa era il Conte Sant’Elia, maggiordomo della Casa Savoia e confidente della Regina Margherita.

Centro storico aziendale
Sella&Mosca

Oltre la pineta di Maria Pia, nella piana della Nurra meridionale, trovasi l’aeroporto civile che crea collegamenti nazionali ed internazionali e la cantina vinicola Sella & Mosca di circa 800 ettari. In questa cantina si producono vini a livello mondiale, lo Spumante, il Mirto ed il Filuferru, essenze alcoliche che bevute gradualmente fanno bene, ma se si aumentala dose, possono creare problemi d’instabilità fisica. Dice un proverbio sardo: se di mirto o filuferru ne bevi uno, due o tre bicchierini (las ridottas) fanno bene, però attento al quarto bicchiere perché “rischi di camminare a 4 zampe”.

Fertilia

La parte iniziale della Borgata di Fertilia (Comune di Alghero), è stata costruita nel 1936 durante il governo di Mussolini, ma non è stata mai abitata perché non completata. Dopo la seconda guerra mondiale i pescatori algheresi, in collaborazione con la Cooperativa Pescatori e Capi Barca di Alghero, Presidente del CdA Delrio Giovanni pirichittu avevano presentato al Sindaco di Alghero Dott. Fedele Cilliano la richiesta per ottenere una fascia di territorio adiacente al mare, vicino alla Chiesa di San Giovanni, per costruire un villaggio di pescatori. Il Sindaco Cilliano non condivise tale richiesta, invece cercò di convincere i pescatori ed i fratelli Delrio a trasferirsi a Fertilia, per occupare le case della Borgata e per organizzare lì un “Borgo Marinaro”. Egli suggeriva ai pescatori di occupare Fertilia le bellissime case, anche se momentaneamente non esisteva nessun servizio pubblico. Diceva: Voi essendo in possesso delle barche da pesca, potete andare e ritornare da Fertilia ad Alghero quando lo desiderate. I soci della Cooperativa Pescatori e Capi Barca non accettarono tale proposta, anzi convocarono immediatamente altri pescatori locali per discutere e conoscere il loro parere: i Delrio, Frulio, Usai, Masu, Ceravola, Lobrano, Alfonso, Caria, Soggiu, Ruiu ecc., che rifiutarono all’unanimità la proposta del Sindaco. A sostegno dei pescatori si schierarono anche le mogli dei pescatori ed altre donne che si opposero al trasferimento della residenza dei pescatori a Fertilia. Le donne sostenevano ch’era impossibile abbandonare la città di Alghero per trasferirsi a Fertilia. Raccontavano al Sindaco se il mare era calmo i pescatori dovevano andare a pescare per mantenere il sostentamento familiare e non avevano il tempo di traghettare le famiglie; se invece il mare era mosso (non si scherza con il libeccio, ponente o mezzogiorno) era impossibile navigare e per risolvere qualsiasi necessità familiare erano obbligate a raggiungere la città, camminando a piedi lungo spiaggia (6 km). In quel tempo le famiglie dei pescatori vivevano in città, in case strette magazzini e trasferendosi a Fertilia si dividevano i nuclei familiari, padri, madri. fratelli ecc. Allora nelle famiglie governava l’anziano “il pater famiglia” che teneva unito il nucleo familiare. Al rifiuto dei pescatori algheresi, nel 1947 lo Stato autorizzò l’arrivo a Fertilia dei profughi Istriani, composto di n. 412 abitanti (scritti nelle liste elettorali) che ne presero subito possesso., sotto la guida di un giovane sacerdote Don Francesco Dapiran, ufficiale della Marina Militare. I profughi Istriani, fuggiti dalla Dalmazia, arrivarono a Fertilia con n. 13 Motopescherecci: Marino, Maria, Tre fratelli, Buona Speranza, Teobaldo, Buon Padre, Francesco, Antonia, Costanza, Laura, Clupea ed altre n. 2 barche minori. Gli abitanti Istriani residenti a Fertilia erano suddivisi in pescatori ed agricoltori. I pescatori ebbero aiuti finanziari dalla Cassa del Mezzogiorno per la manutenzione e miglioramento delle attrezzature di pesca, mentre agli agricoltori la Regione Sarda, tramite l’ETFAS, concedette ad ogni famiglia un podere agricolo da 6/8 ettari per produrre il necessario per vivere.” (Aut. Stefano Gilardi). La maggior parte degli Istriani agricoltori erano di origine veneta e dicevano ch’era bello gustare i prodotti della terra, però se mancava il Vino, il tavolo era poco imbandito. Nel 1950 la Regione Sarda, in collaborazione con l’ETFAS avviò la bonifica dei terreni agricoli della Nurra ed i terreni bonificati vennero divisi in poderi da 6/8 ettari, per assegnarli agli agricoltori, con diritto di riscatto. Allora nacque l’Azienda Viticola del Lazzaretto che i viticoltori conferiscono l’uva alla Cantina Sociale di Santa Maria La Palma.

In questa Cantina oggi si producono Vini a livello mondiale. Nota è la produzione di una qualità particolare di spumante l’Akenta. Fino a 15 anni fa l’Enologo della Cantina era un amico Dott. Parpinello, veneto. La Cantina Sociale di S. Maria La Palma, ogni anno al mese di novembre inviava parte del vino Vermentino prodotto nel Veneto, per climatizzarlo, per creare un buon Spumante, poi dopo Pasqua lo riportavano gradualmente ad Alghero per imbottigliarlo. Da 14 anni invece nella Cantina Sociale di S. M. La Palma c’è un Enologo locale che, in collaborazione con il Parco Regionale di Porto Conte e l’Area Marina Protetta di Capo Caccia – Isola Piana, ogni anno nel mese di novembre depongono una grande quantità di Vino Vermentino, già imbottigliato sotto il mare di Punta Giglio, ad una profondità di 40 mt. Con il movimento delle correnti marine e delle temperature subacquee è nato un ottimo spumante, chiamato l’Akenta. Il nome Akenta è il derivato di una parola sarda, ben augurante. Quando una persona festeggia il Compleanno, gli Amici le augurano lunga vita: a cent’anni. Akenta significa: Akent’annos.

Spiaggia le Bombarde

Il nome delle Bombarde deriva dall’ancoraggio di antiche Navi Catalane, pronte al combattimento, che vi sostavano, al riparo del maestrale, durante la dominazione Catalana, dette appunto bombarde. La spiaggia delle Bombarde è la spiaggia degli Algheresi e Sassaresi. Gli artisti ed i VIP che transitano ad Alghero e Sassari fanno spesso sosta in questa spiaggia piena di bellezze naturali. La spiaggia delle Bombarde ha una sua caratteristica interessante. Facendo il bagno nelle acque delle Bombarde l’acqua marina è fredda tutto l’anno. Osservando il fondo marino con la maschera a circa mt. 1,50 si vede che dal fondo marino affiorare bollicine di acqua dolce e fredda. Sono sorgenti sottomarine che è ignota la provenienza. Secondo alcuni studi effettuati da specialisti idrografici, tali acque potrebbero arrivare addirittura dalle Alpi Apuane Ipotesi un po’ fantasiosa.

Capo Galera

Capo Galera vista dal mare presenta una forma di roccia, che i Turisti la chiamano la Tartaruga. Da Capo Galera iniziano le meravigliose falesie della Costa della Riviera del Corallo. Tale costa fino Capo Caccia ed Isola Foradada è tutta “affettata”, sicuramente in “ere glaciali” esistevano passaggi di fiumi d’acqua dolce, comprese le Grotte di Nettuno e quelle Subacquee. Esiste la Torre del Lazzaretto, costruzione Aragonese.

Da Capo Galera fino all’Isola Piana esiste il Parco Marino, creato per la tutela riproduzione del pesce e del corallo.

Polt Agra. (Porto Insicuro)

È una piccola Baia, battuta dal mare di Libeccio, Mezzogiorno e Scirocco ed è priva di spiaggia. Verso terra esiste una macchia mediterranea Bassa ed il pino d’Aleppo. Dal mare è facile notare la macchia mediterranea che comprende la pianta dominante “palma nana” insieme al lentischio ed ai cisti. Continuando la navigazione si osserva che la costa sale e sono note le ampie stratificazioni dei calcari, talvolta inclinate ed ondulate. Si notano ampi gradoni stratificati dei calcari, che i ragazzi chiamano “scogli piatti”, utili per fare i tuffi.

Punta Sant’Antonio

Da qui la costa si innalza anche mt. 50/60. In un angolo della falesia si nota una immagine configurante due cavità, come due occhi ed una stalattite centrale, che crea la forma del naso, dando la visione di un “viso umano”, che i Turisti chiamano il “teschio”. In questa zona si trovano numerose grotte marine: la Grotta dei Laghi, la Grotta di Falco.

Punta Giglio

Una montagna alta 70 metri in cui ci sono tantissime grotte sommerse ed emerse. In un angolo c’è la Grotta sommersa dei Cervi. In “ere glaciali”, milioni di anni fa, esisteva una razza di Cervo Sardo che dalla montagna, tramite qualche sentiero, scendevano nelle grotte per bere, perché ovunque esiste lo stillicidio di acqua dolce, calcarea. Famose sono anche le Grotte dei Fantasmi. Sopra la montagna, in mezzo alla macchia mediterranea c’è una grotta “disterru”, un pozzo profondo mt. 5/6 in cui si trovano ossa umane pietrificate nella roccia: un cranio, la clavicola ed alcune costole. Molti anni fa un Gruppo di Speleologi ha estratto un frammento di costola per analizzarla. Dalle analisi è risultato che le ossa appartenevano ad un uomo vissuto circa 5.000 anni avanti Cristo. Dopo quel periodo (circa 3/4.000 anni fa) esisteva in Sardegna una popolazione denominata Shardana, che poi ha preso il nome la Sardegna, ch’erano grandi guerrieri e grandi navigatori, ed io aggiungo molto intelligenti, perché sono quella popolazione “nuragica” che ha costruito in Sardegna oltre 9.000 nuraghi. Il nuraghe non è altro che una costruzione a forma di Torre, costruita con massi enormi sovrapposti uno sull’altro, senza l’uso della malta. Il nuraghe consiste di una base a forma cilindrica che si innalza a forma conica e serviva come una fortezza per tutelare gli abitanti della Tribù esistente. Nel 1955 tale Grotta fu visitata dalla Regina Giuliana D’Olanda con il principe Bernardo. I Reali visitarono la grotta, accompagnati dagli Speleologi del Gruppo Scouts Alghero 1°, invitati personalmente dal Sindaco di Alghero. Anch’io ero presente all’escursione, come Scout speleologo.

Porto Conte
Il Parco Naturale Regionale di Porto Conte

Il Parco di Porto Conte è stato avviato nel 1986 per merito di diverse Associazioni Ambientalistiche locali nella zona di Capo Caccia e del Tramariglio, dopo la chiusura della Colonia Penale, in un territorio di n.

5.350 ettari. Nel Parco Regionale di Porto Conte ci sono moltissimi animali: cinghiali, daini, volpi, asini, conigli, tartarughe, varie qualità di uccelli, pernici, falchi, i grifoni, il marangone dal ciuffo bianco, ecc. Il Parco di Porto Conte è una grande Oasi naturalistica, visitabile dai Turisti sia a piedi che in macchina.

Nel 2011 alla spiaggia della Torre del Porticciolo  sono emersi i resti fossili di un enorme rettile, vissuto alla fine del Paleozoico, circa 270 milioni di anni fa. La scoperta è stata compiuta da un gruppo di Paleontologi dell’Università di Pavia e della Sapienza di Roma. L’esemplare, affine al genere “Cotylorhynchus” è il primo grande vertebrato paleozoico che viene scoperto in Italia. L’esemplare, lungo 4 metri, sarebbe morto nel crollo dell’argine di fiume e l’hanno chiamato il rettile “americano”. Da tale scoperta, secondo gli studi effettuati dai Paleontologi Universitari, si deduce che 400 milioni di anni fa la Sardegna, la Corsica erano unite alla Toscana, cioè alla placca europea, “Eurasia”. L’Europa era unita all’America dalla Scozia e dall’Alaska ed il Brasile era unito all’Africa. Poi circa 20 milioni di anni fa la due Isole Sardegna e Corsica si sono staccate prima dal Continente Europeo, e molto dopo si sono anche staccate tra loro.

Pesca del corallo

Il corallo di Alghero è famoso in tutto il mondo. Un insieme di piccolissimi micro organismi, chiamati” polipi” si uniscono e danno origine ad una struttura arborescente chiamata corallo rosso. Il corallo cresce circa 1 centimetro ogni 10 anni. Il corallo una volta era molto abbondante. Da ragazzi passeggiando lungo la spiaggia o nelle alghe spiaggiate (pallia marina) era facile trovarne vari pezzi. I pescatori prendevano i rami di corallo impigliati con le reti da posta. Secondo alcuni storici la pesca del Corallo ad Alghero è conosciuta dal 1300, pescato dai liguri ed Aragonesi. Ad Alghero negli anni 1945 – 1980 venivano barconi napoletani per la pesca del Corallo. Usavano pescare con l’ingegno, chiamata la croce di Sant’Andrea, (adesso proibito), ch’era composto di n. 2 pali, legati in croce e diversi pezzi di reti allegate. Allora il Barcone tirava una fune lunga legata all’ingegno, che serviva per rompere le grotte marine e staccare il corallo dalla roccia, il corallo staccato si impigliava alle reti che aprendosi, come un ombrello, strascicavano il fondo marino. Dagli anni 60/70 in poi la tecnologia ha attrezzato l’uomo subacqueo con le bombole sub, che egoisticamente hanno fatto razzia di corallo e pesci, riducendo la riproduzione costiera. Oggi il corallo, con licenza di Pesca Regionale si pesca a fondali alti di mt. 100 – 120. Il corallaro per effettuare tale attività di pesca deve avere un fisico integro. Per pescare il corallo a certe profondità è munito di n. 3 bombole con miscela particolare, impiega circa tre minuti per scendere sul fondo marino, secondo il proprio fisico rimane sotto nella zona di pesca circa 10/15 minuti, poi deve avviarsi per emergere in superficie. Una volta la risalita alla barca di appoggio durava 3 ore per la decompressione, adesso impiegano circa 90 minuti perché ogni barca è munita della camera iperbarica. Negli 1980 il Comune di Alghero in collaborazione con la Regione Sarda, lungo la costa ha istituito una Zona A, per la riproduzione del corallo, zona che delimita il mare da Capo Galera a Capo Caccia – Isola Piana, in cui è interdetto il traffico e qualsiasi attività di pesca del corallo e dei pesci, per migliorare la riproduzione.

Baia Porto Conte

Porto Conte è una Baia naturale utile per le navi, che venendo dal mare difuori Capo Caccia, offre loro tanto riparo e sicurezza. La Baia di Porto Conte in tempi lontani è stata abitata da Fenici, Cartaginesi, dai Romani per 800 anni e dai Catalani per 400 anni. Nella zona di Sant’Imbenia esisteva una Villa Romana, in quanto una volta la Baia era una zona commerciale. Nel 1960 il Principe Aga khan, prima di recarsi ad Olbia aveva chiesto al Comune di Alghero la concessione di Baia di Porto Conte, ma il Consiglio Comunale aveva rifiutato tale offerta, dichiarando che desideravano investire in attività ambientalistiche. Dopo 10 anni venne a Porto Conte il ricco Libanese Barudi, che costruì l’Hotel Baia di Conte nella spiaggia di Mugoni, sopra le rovine romane. Nella Baia di Porto Conte si notano le Torri costruite dagli Aragonesi per dimostrare il loro dominio militare: Torre El Faro, Torre del Tramariglio, Torre del Bollo, la Pegna, Porticciolo e Porto Ferro. Verso Nord della Baia si nota una fascia bianca, è la spiaggia di Mugoni con relativa pineta.

Capo Caccia

Il promontorio di Capo Caccia è una delle bellezze naturali, fra le più belle al mondo che la “natura” potesse offrire alla città di Alghero. Il monte di Capo Caccia è alto mt. 180 e sopra si nota una casa dove c’è installato un Faro adibito al servizio dei naviganti. Il suo raggio di luce notturno si vede a30 miglia dalla costa. Al centro della montagna, alto mt. 210, c’è un altro caseggiato, che una volta era una stazione semaforica. Oggi c’è una stazione meteorologica denominata “Mar di Sardegna”. Tale stazione meteo è collegata ad una Boa altimetrica a 3 miglia dalla costa, verso Barcellona, che comunica alla Centrale Operativa continuamente l’altezza dell’onda, la forza del vento e la temperatura solare, ad Ovest di Capo Caccia. Dentro le “viscere” della montagna si trovano le famose Grotte di Nettuno, la Grotta Verde, (abitata dall’uomo primitivo) meraviglie naturali, con stallatiti e stalagmiti e laghetti naturali, abitate dall’uomo preistorico. Le stallatiti e le stalagmiti quando c’è lo stillicidio in grotta, crescono 1 cm ogni 100 anni. In una nicchia naturale sulla falesia del costone di Capo Caccia, ignoti pescatori (forse Ponzesi) hanno messo una ceramica con l’effige della “Madonna del Frontuni” per tutelare i naviganti. Nell’effige c’è la scritta:” Benedite. Pregate per gli Ardimentosi Navigatori”.

Escala del Cabirol

Le Grotte di Nettuno fino al 1960 potevano essere visitate soltanto via mare, col trasbordo di Barche, salvo condizioni meteorologi avverse. Nel 1954 fu avviatala costruzione della Escala del Cabirol, un sentiero di n. 654 gradini, costruito lungo le falesie di Capo Caccia, per favorire l’ingresso nella Grotta di Nettuno ai Turisti, a piedi, per dare più sicurezza ai Turisti che quotidianamente visitano le Grotte di Nettuno, quando improvvisamente mutano le condizioni meteo marine, che non permettono l’approdo delle navi adibite al servizio passeggeri per visitare le grotte.

L’ingresso delle Grotte di Nettuno è sito ad Ovest di Capo Caccia, a mare aperto, di fronte alle Isole Baleari, distanti dalla Sardegna 220 miglia.

Isola Foradada

L’isola Foradada è un’isola sita adiacente alle falesie di Capo Caccia. Alla sera i gabbiani ed i cormorani, dopo una giornata trascorsa in cerca di cibo, rientrano nei loro nidi per riposarsi. Facendo il periplo dell’isola con la barca, si nota un mare meraviglioso con moltissimi colori, la costa frastagliata, e due gallerie naturali. La prima chiamata la Grotta dei Colombi, perché lo stillicidio delle acque dalla montagna favorisce gli uccelli di dissetarsi. La seconda, chiamata la Grotta dei Palombi che attraversa l’isola da una parte all’altra. Si presenta uno scenario bellissimo e straordinario. Con il mare calmo è possibile entrare in barca per un lungo tratto. Osservando la costa sulla parte destra della galleria, ad un certo punto alcuni scogli si trovano improvvisamente in linea verticale, assumendo la forma di un profilo visivo umano. I Turisti, tale profilo umano, lo chiamano il “naso di Dante Alighieri”.

Cala d’Inferno

Forse il nome di questa Cala deriva dal fatto che trovasi in mare aperto, non navigabile durante i marosi di libeccio, ponente e maestrale. Cala d’inferno è una Baia naturale bellissima, con il mare multicolori. La roccia che circonda la Cala è soggetta alle continue erosioni naturali del mare e del vento. Sono ben visibili grandi stratificazioni create dal vento, che creano le vie di fuga dal basso verso l’alto della montagna.

Palma nana
La Palma nana

è la pianta dominante nella macchia mediterranea che sovrasta i monti della Riviera del Corallo. Dopo la 2 guerra mondiale tale pianta è stata utilizzata dall’uomo per effettuare attività sociali. I pescatori e gli agricoltori raccoglievano le foglie per intrecciarle per creare delle cordicelle, sia per legare le nasse che gli animali. Sempre in quel periodo le foglie della palma nana venivano macinate presso frantoi specializzati locali, per creare una lana utili per costruire i materassi oppure i cuscini. Le persone mangiavano le radici tenerissime di tale pianta.

Vita di Bordo

La M/b Francesca dopo il Tour panoramico effettuato lungo la costa della Riviera del Corallo ritorna all’interno della Baia di Porto Conte per sostare in un angolo di costa paradiso pittoresco, affinché i Turisti possano effettuare varie attività nautiche, soggette alle condizioni meteo marine. Il Comandante Giuseppe decide di sostare la M/b Francesca nella Cala del Bollo, una cala pittoresca con un mare smeraldo, ricco di pesci, una muraglia rocciosa incantevole e da una parte una antichissima Torre Aragonese. Il programma di Bordo è: a) fare il bagno immergendosi nelle acque smeraldine, talvolta in compagnia di pesci pregiati, b) il personale di Bordo depone in acqua Materassini Nautici gonfiabili, che i Turisti usano con grande piacere e si divertono tantissimo. A Bordo, su richiesta, è possibile fare snorkeling guidato. È possibile fare un bagno di sole, oppure buone letture rilassanti in un pomeriggio da favola. Mentre i Turisti si divertono a fare i tuffi o nuotare nelle acque cristalline, il comandante Giuseppe, in collaborazione con il personale di bordo, prepara un tipico pranzo, non un semplice spuntino, ma un tipico Menù:

Zuppa di pesce con: polpo, grongo, sampietro, scorfano, cappone, pesce prete, 1 peperoncino, cipolla tritata, pomodori secchi, prezzemolo con le gallette.

Insalata algherese: aragosta, cipolle bianche, pomodori, olio d’oliva, 1bicchiere di aceto. Pane, vino bianco, e pirichitti (dolci locali).

Verso le ore 15,00 si riparte per continuare il giro panoramico lungo la costa e si rientra al porto alle ore 16,30.

I Turisti rimangono soddisfatti e contentissimi di aver trascorso una giornata di relax nel mare della Riviera del Corallo, non come Turisti, ma come Amici, insieme all’equipaggio della M/b “Francesca”, non solo preparato professionalmente, culturalmente e familiare.

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