Ho frequentato il promontorio di Punta Giglio da ragazzo. Sono passati quasi sessanta anni da quando alcuni amici scout, abituali frequentatori del sito, mi hanno fatto conoscere la base militare, abbandonata da un paio di decenni. Continua la lettura di Capodanno a Punta Giglio→
del Comitato dei Custodi della Biodiversità Lo Revellì
Gli ortolani algheresi erano famosi per i loro prodotti,molto apprezzati anche nei dintorni ed in particolare dai sassaresi, ai quali tutto si può negare ma non di non avere il senso dell’umorismo e di non essere dei buongustai. La grande sfidatra gli ortolani algheresi era quella di essere i primi a produrre dei pomodori che come primizie spuntavano prezzi altissimi. Non si dimentichi che nel periodo di cui parliamo non vi erano le serre, non c’erano importazioni dall’estero. La sera partivano da Alghero i carri pieni di ortaggi per arrivare al mattino ai mercati generali del capoluogo ed anche di altri paesi vicini. Continua la lettura di Gli orti algheresi del ‘900→
A dicembre del 2017 Carles Puigdemont, con una lettera inviata da Bruxelles, ringraziava coloro che in città avevano manifestato pubblicamente supporto e solidarietà a lui, a tutti i suoi compagni in “esilio” e in carcere e a tutto il popolo catalano ed auspicava di venire quanto prima nella nostra città.Continua la lettura di Il caso Puigdemont→
Era possibile vederlo in pieno inverno nuotare pacificamente al largo della Muraglia, segno che aveva appena terminato un soggiorno obbligato da qualche parte. La sua resistenza al freddo era proverbiale ed a Claut, a tre chilometri da Longarone, dove aveva fatto il militare, ricordavano ancora dopo qualche anno un algherese che faceva il bagno nel fiume ghiacciato. Al Pub Jamaica si poteva vedere una foto di Giuan sorridente dentro una tamburlana con due blocchi di ghiaccio in mano!
Stefano Campus ha pubblicato il suo primo libro dal titolo “Come nasce l’Ospizio Marino di Alghero”. Un’opera che contiene documenti inediti dell’algherese Giuseppe Alberto Larco, il personaggio grazie al quale si dà l’avvio alla realizzazione dell’Ospizio Marino di Alghero con l’obiettivo di eliminare una discriminazione sociale nei confronti dei bambini algheresi. Continua la lettura di Come nasce l’ospizio marino di Alghero→
Introduzione al personaggio Luigi Vittorio Bertarelli, grande giornalista e speleologo.
di Marco Busdraghi
Per parlare delle origini del fenomeno turistico dell’era moderna in Italia ed in particolare in Sardegna, non si può non parlare dei meriti del Touring Club Italiano, ed in particolare di uno dei suoi primi presidenti di inizio secolo, Luigi Vittorio Bertarelli. Continua la lettura di L’ Alghero di 121 anni fa vista da L.V. Bertarelli→
Com’è noto la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato all’Italia una eredità di distruzioni e miserie. Anche ad Alghero toccò la sua parte di lutti e disgrazie. Le ricordano le oltre 100 vittime del bombardamento del maggio del 1943, la distruzione o il grave danneggiamento di oltre 500 case e le tante persone sfollate nelle campagne o nei paesi vicini. Continua la lettura di Giovanni Agostino Saiu, classe 1911: ha navigato tutti i mari e oceani del mondo.→
In queste ultime settimane si è accesa in città una forte discussione sulla destinazione d’uso della ex casermetta militare di Punta Giglio data in concessione ad una cooperativa giovanile milanese, Vincitrice di un regolare bando. Continua la lettura di Il caso Punta Giglio→
Basta una rapida osservazione per accorgersi che ad Alghero vi è una gran varietà nelle provenienze dei cognomi. Come in tutte le città di mare, nel corso del tempo, al nostro porto sono arrivati numerosi mercanti e marinai, soprattutto dalle coste del Tirreno. Continua la lettura di Cognomi tedeschi ad Alghero→
Ci ha lasciato Carlo Catardi, serenamente, alla bella età di 95 anni. Come molti algheresi figli di pescatori ha iniziato, sin da bambino, ad avere confidenza con il mare a seguito del padre. Acuto osservatore, il giovanissimo Carlo ha impresso nella propria memoria la realtà del mondo della pesca, della fatica e dei pericoli di un mestiere dignitoso che però a mala pena dava un sostentamento alle loro famiglie. Continua la lettura di In ricordo di Carlo Catardi→
Le coste della Sardegna sono caratterizzate dalla presenza di numerose torri costiere di varie dimensioni: le più grandi chiamate armas o gagliarde, quelle di media grandezza chiamate senzillas, le più piccole chiamate torrezzillas.
Queste ultime, costruite sempre in posizioni tali da poter controllare vasti tratti di mare, erano utilizzate come punti di osservazione e comunicazione tra loro. Una funzione fondamentale per combattere la pirateria che per secoli aveva saccheggiato le coste della Sardegna e, non meno importante, per il controllo del traffico mercantile nei periodi di pandemia.
A queste torri Storie di Alghero.it ha dedicato un ampio servizio indicandone nomi, posizioni e caratteristiche.
Oggi ci dedichiamo a parlare di una di esse: la splendida torre di Tramariglio, costruita intorno al 1575 dagli Aragonesi su un colle che sovrasta il golfo di Porto Conte, con vista sulla torre Nuova, del Bulo, della Pegna e Punta Giglio. Una posizione assolutamente strategica per vigilare su un possibile facile approdo per la presenza di una grande spiaggia.
Classificata tra le torrezillas, la torre è cilindrica a base troncoconica, con base di un diametro di 14 m. e una altezza di 11 m.
E’ raggiungibile attraverso due stretti sentieri: il primo partendo dalla spiaggia di Tramariglio e il secondo, dalla strada che porta all’hotel Capo Caccia, a un centinaio di metri dal suo ingresso.
Oggi, causa lavori che si stanno eseguendo all’interno dell’hotel, l’ingresso di questo sentiero è bloccato da una rete che sbarra la strada, costringendo, per poterlo raggiungere, i tanti visitatori del sito ad aggirare l’ostacolo introducendosi nella fitta macchia mediterranea.
Un blocco chiaramente illegale in quanto si tratta di un sentiero storico, utilizzato da sempre, che il Parco di Porto Conte,con un suo autorevole intervento avrà modo di far eliminare.
Percorrendo questo sentiero, come detto con qualche difficoltà, si sale tra magnifici esemplari di lentischi, palme e ginepri, inondati dai profumi della macchia e rapiti dalla vista meravigliosa che, salendo, si apre sul promontorio di Capo Caccia e sull’intero Porto Conte.
Un sito di una ricchezza ambientale rara, oggi fortunatamente sotto la tutela del Parco Nazionale di Porto Conte e dell’Area Marina Protetta di Capo Caccia.
Sulla sommità del colle, si erge la torre, oggi piuttosto malconcia a causa della mancanza di manutenzione che risale da metà dell’Ottocento, epoca del suo abbandono.
Sono evidenti danni importanti all’ingresso posizionato a circa 4 metri dal suolo e, non meno importanti, all’interno dove è crollata parte della scala che porta al terrazzo da dove si gode di un panorama straordinario.
Compreso purtroppo la visione dell’albergo, oggi in stato di abbandono, che ci porta inevitabilmente agli anni sessanta quando la sua realizzazione fu il frutto di un giusto compromesso tra un oggettivo danno all’ambiente fatto in un’area tra le più belle, se non la più bella, della costa algherese e la contropartita rappresentata dall’occupazione di 200 persone.
Un compromesso oggi inaccettabile all’idea che qualcuno voglia trasformare l’albergo in un condominio. Ma di questo ne parleremo in un prossimo servizio.
Tornando alla torre di Tramariglio, ribadiamo l’urgenza di lavori che riportino la struttura in sicurezza e ne salvino la fruibilità. Alghero non può trascurare un sito di così grande valore storico, ambientale e turistico.
MIRAU QUE SEM ANANT I MIRANT
Cançons de festa, sàtira i taverna de l’Alguer
Pubblichiamo questo album per far conoscere ad un pubblico più vasto il repertorio di brani che venivano cantati nelle vecchie osterie di Alghero e che ancora oggi vengono cantati a casa, in occasione delle feste di famiglia e tra amici. Continua la lettura di Mirau que sem anant i mirant→
Il 2020 passerà alla storia come l’anno del Covid 19, la micidiale pandemia che ha contagiato e ucciso milioni di persone e devastato l’economia mondiale.
Comparso in Cina nella seconda metà del 2019, si è diffuso rapidamente in tutto il mondo grazie alle centinaia di migliaia di persone che ogni giorno, per ragioni di lavoro o turismo, si muovono in tutti gli angoli del pianeta.
Contrariamente a quanto successo nel 1918-1920 con la Spagnola, pandemia che causò la morte a quasi 50 milioni di persone, non ci sono stati, da parte dei governi, tentativi di minimizzare o nascondere la gravità del problema, fatta eccezione per il governo cinese che ha certamente comunicato in ritardo la comparsa di questo agente patogeno. Un atteggiamento forse dovuto al ritardo nella individuazione e valutazione del suo potenziale distruttivo. Un argomento, questo, che ha dato origine a sospetti e polemiche infinite, in particolare col governo americano.
Com’è ovvio l’argomento è seguitissimo. Trasmissioni TV e giornali seguono quasi con ossessione l’evolversi della situazione attraverso in particolare con personaggi sconosciuti al grande pubblico che in brevissimo tempo sono diventati popolarissimi.
Ci riferiamo a figure professionali come virologi, epidemiologi, immunologi, scienziati ed esperti delle problematiche legate a questa pandemia.
In molti casi accompagnati da altri esperti in scienze statistiche che completavano informazioni di tipo medico-scientifico con numeri e grafici molto sofisticati.
Personaggi, come si diceva, popolarissimi: chi non conosce i nomi di Burioni, Zangrillo, Capua, Galli, Bassetti, Pregliasco e molti altri ancora. Per non parlare di alcune vere e proprie superstar internazionali come Antony Fauci, direttore del prestigioso National Institute of Allergy andInfectiousDiseases americano che si è permesso di smentire e contestare commenti sulla pandemia del presidente Trump ritenuti non corretti.
Personaggi sempre presenti, di giorno e di notte, come magnificamente rappresentati da Giannelli in una vignetta del Corriere della Sera del 18 novembre 2020.
Da tutti parole di elogio per medici e infermieri, trattati come nuovi eroi moderni, accompagnati per contro, anche da critiche alla classe dirigente (politica e non) che raramente si è dimostrata all’altezza della gravità della situazione.
Anche Alghero ha avuto il suo eroe (una vera star planetaria se i mezzi di comunicazione di allora fossero stati quelli di oggi): un grande medico che la nostra città ha avuto modo di conoscere e utilizzare nel corso di un tragico momento della sua storia.
Si tratta di Quinto Tiberio Angelerio.
Per conoscerlo meglio dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Esattamente nel 1582 quando l’intera Europa fu devastata dalla peste.
Nato a Belloforte (Regno di Napoli) nel 1532, Angelerio studia Fisiologia e Medicina a Napoli e Padova. Contrae matrimonio in Francica (Reggio Calabria) dove opera per 10 anni. Lascia la regione calabra, pare per problemi con la famiglia della moglie, e inizia un girovagare, esercitando sempre la professione di medico, che lo porteranno a Venezia, Pavia e Nizza.
Nel 1575 lo troviamo a Messina dove ha la possibilità di far conoscenza con gli effetti terribili dell’epidemia di peste che stava devastando le coste del Mediterraneo.
Nel 1582 la municipalità algherese lo assume, con un contratto biennale, per la bella cifra di 100 scudi l’anno.
Erano, dal punto di vista economico, tempi molto buoni per Alghero, grazie ai crescenti traffici mercantili che favorivano le casse dell’erario.
Soldi ben spesi, perché non passò molto tempo perché Angelerio dimostrasse il suo grande valore professionale.
Il 19 novembre del 1582 venne chiamato al capezzale di una donna che manifestò subito i sintomi che lui aveva avuto modo di conoscere durante la sua permanenza a Messina nel 1578.
La peste era arrivata anche ad Alghero.
Immediatamente informò le autorità cittadine e il vicerè affinché venissero prese tutte quelle iniziative utili a prevenire l’espansione della malattia.
Subito dopo il primo caso se ne verificarono molti altri sino a raggiungere nel 1583 (fine dell’epidemia) la catastrofica cifra di qualche migliaio di morti.
Non esistono certezze sul numero anche se è ragionevole pensare che almeno la metà della popolazione perse la vita.
Fortuna vuole che Angelerio, abbia raccontato questa tragica esperienza nella – Ectypa Pestilentis Status Algheriae – , una pubblicazione del 1588, di cui esiste una unica copia custodita nella Biblioteca Nazionale di Francia. Un resoconto medico-scientifico che lo ha giustamente reso celebre come grande medico e scienziato
Una vera fortuna, si diceva, perché oltre a documentare storicamente la tragedia vissuta più di 4 secoli fa dalla nostra città, ha curiosamente evidenziato, nella gestione della pandemia, una serie di procedure straordinariamente simili a quelle utilizzate oggi nel combattere il Covid 19.
Si iniziò con l’isolamento della città e a predisporre attorno ad essa tre cordoni sanitari che non consentivano entrate e soprattutto uscite di persone. Particolare interessante: il presidio era controllato da guardie armate. (Oggi la si classificherebbe zona rossa o con un colore ancora più deciso).
All’interno della città, la strada (il carrer de Sant’Antoni), oggi via Cavour, dove era ubicato l’ospedale che ospitava i malati di peste, fu eretto un muro che impediva agli abitanti di quell’area di spostarsi in altre zone (poche idee ma chiare, il contrario di quello che spesso viene lamentato oggi). Manco a dirlo anche l’ospedale fu presidiato da guardie armate.
Angelerio suggerì anche alle autorità locali il reperimento di due case abbastanza grandi e in posti isolati, per dividere gli appestati dai convalescenti (l’ Hotel Covid dei giorni nostri).
Per la prima volta nella storia della medicina, l’infaticabile Angelerio ideò la stufaa secco, utilizzando le alte temperature di un tipo di forno utilizzato nella produzione di laterizi, per sterilizzare gli indumenti e gli utensili di uso domestico (medico e geniaccio).
Altra disposizione resa obbligatoria in città: il divieto di aggirarsi per le strade, e solo una persona per famiglia, senza essere munita di una sorta di salvacondotto per recarsi a fare acquisti e comunque con l’obbligo di portare con se una canna lunga 6 palmi (circa 1,5 m.) per tenere a debita distanza qualunque altra persona.
In aggiunta al divieto di organizzare balli, feste e processioni. Unica, forte raccomandazione, non potendo vietare la frequentazione delle chiese, prestare la massima attenzione durante la messa.
Queste e molte altre le disposizioni suggerite alle autorità da Quinto Tiberio Angelerio che lettori interessati potranno trovare nel libro, edito nel 1989, dello storico algherese Tonino Budruni, Breve Storia di Alghero.
Provvedimenti, presi oltre 400 anni fa, che è difficile distinguere da quelli presi oggi. Una coincidenza straordinaria, così come straordinaria appare la figura di un personaggio che ha unito il dovere civico di medico con quella non meno importante della competenza.
A questo punto si potrebbe supporre che Quinto Tiberio Angelerio godesse di una popolarità e consenso straordinario nella comunità algherese e zone limitrofe. Supposizione certamente vera se riferita alle fasce popolari e a tutti quelli che il doctor aveva curato e salvato. Meno entusiaste furono però le prime reazioni dei commercianti e imprenditori che capirono subito che l’arrivo della peste e il conseguente isolamento della città avrebbe bloccato chissà per quanto tempo i loro affari.
L’Angelerio fu da questi subito diffamato e oggetto di derisione e, giusto perché capisse il clima, destinatario di un tentativo di assassinio.
Fortunatamente non si arrivò a tanto.
Oggi, con il Covid 19 imperante, assistiamo alle molte e giuste lamentele di operatori economici, di donne e uomini che hanno perso il lavoro e di quanti hanno subito danni di vario tipo.
Una vita precaria per molti, lenita da provvedimenti che, se fosse stato possibile prendere allora, al buon Angelerio avrebbero reso la vita più tranquilla. Si tratta dei bonus e ristori vari erogati dal governo che certamente avrebbero avuto il consenso di quanti avevano tentato di sopprimerlo.
Maturato il biennio previsto nel contratto di assunzione, coinciso con la fine della peste, Q.T. Angelerio lascia Alghero per recarsi a Madrid dove esercitò la sua professione a contatto dei rinomati medici della Corte di Filippo II (1527-1598) e sua sorella, l’imperatrice d’Austria Maria (1528-1603).
Stimato e ossequiato, l’Angelerio continuò il proprio lavoro anche con il successore Filippo III.
Aveva più di 70 anni quando tornò a Napoli, la mai dimenticata sua terra, dove continuò ad esercitare la sua amata professione.
Morì nel 1617 alla bella età di 85 anni.
Alghero lo ricorda dedicandogli una via, purtroppo periferica e, a dirla tutta, non proprio di prestigio.
Non paragonabile minimamente a quanto dato durante la sua permanenza ad Alghero e all’insegnamento contenuto nella sua opera Ectypa Pestilentis Status Algheriae.
Un autentico riassunto di umanità e scienza, oggi presente nei tanti medici, infermieri e volontari che combattono contro un morbo pericoloso e subdolo.
Sono passati più di 400 anni, Alghero ha visto il passaggio di altre epidemie: La peste del 1652-1653, il colera del 1855, la Spagnola del 1918-1920 per arrivare al Covid 19 dei nostri giorni. Un evento nefasto che si è riproposto periodicamente e che non è da escludere che si possa ripresentare in futuro.
Chiudiamo comunque con un cenno d’ottimismo: Quinto Tiberio Angelerio, il nostro eroe, ha indicato la strada per combatterlo, le nuove tecnologie faranno il resto.
FONTI:
- Tonino Budruni: Breve Storia di Alghero dal 1478 al 1720.
- Associazione Tholos: Ospedali di Alghero dal XVI al XX secolo
- Giovanna Tilocca: Alghero,dal colera al Covid 19 (Storiedialghero.it)
Il 13 agosto 2020 alle ore 19,30 nel giardino della Villa Costantino è stato presentato il volume Ospedali di Alghero dal XVI al XX secolo, realizzato a cura del Gruppo di Studio e Ricerca dell’associazione culturale Tholos. Continua la lettura di Presentazione del libro “Ospedali di Alghero”→